(Goya, Il sonno della ragione genera mostri, 1797) |
“La linea è elegante” dissi io.
“Il chiaroscuro è voluminoso” fece eco Jeff.
“Beh... io direi che il volume è lineare” concluse Irons.
Il mio rapporto con l'arte, intesa come materia scolastica, non è mai stato un gran che. L'eccessiva sudorazione delle mani, che ha sicuramente condizionato in negativo la mia carriera cestistica, ha sempre rappresentato un grosso problema anche per le mie tavole da disegno. Alla voce “pulizia del foglio” non sono mai riuscito a prendere più di mezzo punto (su due) a causa di macchie di inchiostro ovunque. Aggiungiamo pure una totale mancanza di talento nel disegnare. La mia sufficienza era dovuta al fatto che chi ha i voti più alti della classe in tutte le materie non può avere il debito di arte. In terza liceo cambiai classe e persi il mio status di intoccabile “più bravo della classe”. Perchè c'era uno più bravo di me. Grazie al cielo, iniziò storia dell'arte. Il voto di storia dell'arte faceva media con quello di disegno e per me divenne molto più semplice arrivare al sei.
Le interrogazioni di storia dell'arte nella nostra classe funzionavano a parole chiave. C'era una serie di sostantivi “linea” “volume” “colore” “chiaroscuro” che doveva essere accoppiata con una serie di aggettivi “elegante” “ben definito”“importante” “lineare”. Più parole chiave usavi e più il tuo voto era alto. Se la prof ti chiedeva di commentare un quadro non importava se dicevi “c'è un tizio trapassato da una freccia” o “il quadro è dell'anno.... si trova nel museo... si chiama “San Sebastiano” ...secondo la simbologia religiosa può essere rappresentato legato a una colonna e/o trafitto da una freccia”. Il tuo commento doveva essere: “la linea è elegante, il chiaroscuro è ben definito e il volume è importante”, altrimenti non c'erano speranze di prendere un bel voto. Il difficile stava nel capire quale aggettivo collegare di volta in volta ai sostantivi. Durante le spiegazioni di storia dell'arte io annotavo su un foglio quante volte la prof diceva “importante”, “ben definito” o “elegante” e scommettevo con il mio compagno di banco su quale dei tre termini avrebbe vinto la lezione del giorno.
Mi rendo conto di essere molto profano, ma questo spiega perchè io Jeff e Irons continuavamo a ripetere queste frasi davanti a ogni quadro del Museo del Prado, ridendo un sacco. Invece per Mike e Stone quella visita fu una lenta agonia davanti a opere di pittura rinascimentale.
Ci saremmo forse divertiti tutti molto di più se fossimo andati al Reina Sofia, dove al piano di arte moderna e contemporanea Mike si sarebbe potuto improvvisare critico e lasciare libero spazio alla sua divertente e schietta irriverenza. Penso sia anche un museo più vario e interessante. Vedere “Guernica” dal vivo mi lasciò senza parole, ma fu un'altra volta. Perchè noi non sapevamo dell'esistenza del Reina Sofia. Però io, Jeff e Irons ci ricordavamo il box su Francisco Goya e il Prado nel nostro libro di storia dell'arte e spingemmo per andare a visitare il museo.
Goya è uno dei pochi artisti che al liceo apprezzavo perchè si distingueva dagli altri di quel periodo (cioè in quel capitolo del libro) come pittore visionario e anticonformista. Amavo l'opera “Il sonno della ragione genera mostri”. Era il motivo principale per cui votai per il Museo del Prado. Volevo vederla. La cercai per tutto il museo e non la trovai neanche nella zona dedicata alle altre opere di Goya.
Credo sia esposta da un'altra parte.
Nessun commento:
Posta un commento