Crea. In un processo lineare, visibile, l'artista non vede la fine ma sa di essere spontaneo e consapevole nell'azione artistica. Potrebbe continuare ad occhi chiusi, senz'altro senza occhiali, all'uopo per commissione.
In fondo però, riflettendoci, egli si vede mentre dà il là alla creazione. Mi spiego meglio. Nel momento in cui l'artista è spontaneo nella consapevole illuminazione ad opera di qualsivoglia principio creatore - Dio? Natura? - allora vorrà dire che nonostante l'inconscia direzione, comprende di essere illuminato dall'ispirazione e per tale motivo diviene conscio della produzione artistica. Sa, quindi, di agire in funzione di qualcosa che ha sì delle dimensioni ma originariamente ne riesce a vedere solo i contorni sfocati.
La perfezione è raggiunta dalla continua battaglia edificante tra conscio ed inconscio , il cui prodotto in definitiva non è altro che la continuazione attraverso il genio dell'opera creatrice di Dio in quanto l'arte, nonostante sia imitazione di qualcosa di più perfetto rispetto alla stessa opera artistica poiché vera nell'idea, diventa autocoscienza dell'assoluto, l'assoluto che ritorna a se stesso.
L'uomo quindi è capax dei in quanto nella sua architettura perfetta riesce a sentire Dio dentro di sè, a farsi illuminare dall'angelo che è sì colui che muove il cielo, ma anche colui che è rivolto alla somma bontade ed attraverso la luce infinita illumina l'uomo contemplante rendendo la sua anima cosciente della sua esistenza, della sua ragione ed è l'anima, che sente e ragiona a ritornare alla causa, all'origine, all'archè, per cui l'uomo tende ad amare Dio, ad unirsi a lui nel suo amor intellectualis dei.
Questo è amore, questa è arte e bellezza che l'una nell'altra si ritrae ad immagine di Dio, la causa della causa.
(Stefano)
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