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31 mar 2011

- Io speriamo che me la cavo -



Scrivere un pezzo su cosa significa essere curatrice...un'impresa decisamente non facile...soprattutto considerando che curatrice ancora non sono e non so se mai lo sarò...
però penso di essere nell'ambiente dell'arte contemporanea da abbastanza tempo per parlare "delle gioie e dei dolori" che chi entra in questo mondo con un sogno deve affrontare...almeno all'inizio.
scegliere di lavorare nel mondo dell'arte non è semplice..
significa decidere consapevolmente di appartenere a una classe che definirei di "precariato di lusso", soprattutto in tempo di crisi..
già perché l'arte viene troppo spesso considerata un capriccio un po' frivolo, un passatempo per ricchi, un surplus inutile perché incapace per natura di "produrre" risultati tangibili ed immediati...
e se non appartieni alla cerchia ristretta di persone abbienti che vedono nell'arte un bene di lusso, ma al contrario entri in questo mondo con la volontà di costruirti una tua carriera, e magari un giorno di sopravvivere grazie a questo lavoro, beh certo non è un'impresa semplice...

lavorare nell'arte significa avere 25 anni ed essere incapaci di programmare il proprio futuro..
significa saltare da un posto all'altro senza la speranza di un'assunzione...
significa entrare in un mondo in cui per fare strada non conta necessariamente solo quanto sei bravo, ma anche quanto è importante la gente che conosci....
significa dover spiegare ogni giorno ai tuoi genitori che è normale lavorare senza essere pagati, con la consapevolezza di non poter promettere loro se e quando questo cambierà...
significa chiedersi continuamente se non sia meglio cambiare strada e sceglierne una più semplice, o quantomeno più sicura...
già...lavorare nell'arte a volte è proprio difficile....

eppure....

eppure lavorare nell'arte significa intraprendere un viaggio entusiasmante...
significa entrare in contatto con persone forse stravaganti ma spesso geniali, capaci di stravolgere la tua percezione delle cose...
significa avere l'opportunità di combattere contro l'appiattimento culturale e investire nel talento...
significa poter imparare continuamente e mettere in discussione verità precostituite...
significa  relazionarsi con culture e mondi anche lontani, utilizzando la creatività come lente per esplorare questi territori sconosciuti...
significa poter comprendere meglio il presente per provare ad immaginare il futuro...
lavorare nell'arte significa avere una posizione privilegiata da cui guardare il mondo e attraverso cui provare a cambiare il mondo...
si perché l'arte non è solo un bel quadro da appendere a una parete o un bel pezzo di arredamento da aggiungere al salotto...
l'arte è anche e soprattutto una risposta alla contemporaneità, un modo per comprenderla ed intervenire su di essa....
l'arte è anche e soprattutto cultura e la cultura, per quanto sottovalutata, è una risorsa e una conquista fondamentale dell'essere umano...

forse non arriverò molto lontano in questo settore, forse un giorno dovrò rinunciare alle mie ambizioni e trovare un compromesso per mantenermi...però ora come ora posso solo dire che sono contenta di aver scelto questa strada e di potermi svegliare ogni mattina convinta di lavorare per rendere il mondo in cui vivo un posto migliore....
se ce la farò? beh...io speriamo che me la cavo

18 feb 2011

- My Very Own 365 project -




una foto al giorno..
per un anno...
un esperimento artistico...
una sorta di calendario in divenire partendo da attimi più o meno significativi della quotidianità..


un modo per fermare il tempo..
e per non dimenticare..
volti e luoghi...
colori e sensazioni..
momenti che in qualche modo hanno attraversato e riempito le mie giornate...


chissà quanti di questi ricorderò con precisione da qui a un anno..
chissà quanti diventeranno semplici frammenti sfocati..
ecco i primi 40 giorni.....

kriticadellaragione.blogspot.com
(Gloria)

12 gen 2011

- Giordania -

(Simmetrie, Giordania 2010, Gloria)

Quest'anno abbiamo deciso di passare un capodanno un po' insolito...siamo partiti in 7..destinazione Giordania.
10 giorni, non un viaggio lunghissimo..
Al ritorno, come sempre, tante domande..
Come è stato il viaggio? Allora questa Giordania com è?

La verità è che non ho un'unica risposta...piuttosto una serie di immagini e sensazioni che come frammenti sparsi mi tornano in mente..

lo spaesamento di un arrivo in piena notte in un posto sconosciuto...
lo stupore osservando da un taxi a tutta velocità una città risvegliarsi all'alba..
profili controluce che fanno da sfondo ad una danza di gabbiani..sovrani incontrastati di un cielo dai mille colori..
la sensazione del sale sulla pelle...
l'odore di tabacco alla mela....
gli occhi grandi e intensi di una ragazza dallo sguardo triste...
il sorriso disarmante di una bambina davanti ad una caramellina allo zucchero..
i colori caldi di un deserto dagli spazi sconfinati..
la soddisfazione arrivati in cima ad una roccia in mezzo al nulla..
la felicità al suono di parole familiari ma lontane....
un cielo con cosi tante stelle da sembrare irreale...

questa è la Giordania...o almeno questo è stata per me...
kriticadellaragione.blogspot.com
(Gloria) 


20 dic 2010

- Cade la Neve -

(Gloria De Risi, 2010)


Sui campi e sulle strade
silenziosa e lieve
volteggiando, la neve
cade.

Danza la falda bianca
nell'ampio ciel scherzosa,
poi sul terren si posa,
stanca.

In mille immote forme
sui tetti e sui camini
sui cippi e sui giardini,
dorme.

Tutto d'intorno è pace,
chiuso in un oblìo profondo,
indifferente il mondo
tace.

kriticadellaragione.blogspot.com
(Ada Negri)

 

25 nov 2010

- "Per Favore... Addomesticami" -

(Elliot Erwitt - Francia, Parigi, 1989)


“Volentieri", rispose il piccolo principe, " ma non ho molto tempo, però. 
Ho da scoprire degli amici e da conoscere molte cose".


"Non si conoscono che le cose che si addomesticano", disse la volpe. "Gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici. Se tu vuoi un amico addomesticami!" [...]


" E' il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante. Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa…" disse la volpe.


" Io sono responsabile della mia rosa…." Ripetè il piccolo principe per ricordarselo.



Ieri sera ho letto Il Piccolo Principe alla mia nipotina di sei anni.
Per ora questo libro è per lei una semplice favola da bambini.
Forse crescendo, come è capitato a me, si immedesimerà in questo bambino che gira per il
mondo alla ricerca di avventure.
Forse, come me, si sentirà stretta a casa ed avrà la curiosità di partire alla scoperta delle infinite possibilità che ogni paese e ogni persona hanno da offrire.
Probabilmente si accorgerà che siamo tantissimi su questo pianeta e si domanderà qual è il suo posto nel mondo.

Alla fine, forse, capirà che nonostante questa sete di ricerca vi sono alcuni legami capaci di dare un senso alla vita di una persona.
Rapporti costruiti lentamente, con piccoli gesti, in grado di trasformare persone normali e apparentemente uguali a tante altre in persone uniche, speciali e insostituibili.
In quel momento forse proverà un po’ di nostalgia…

Allora forse capirà di essere stata addomesticata..
http://kriticadellaragione.blogspot.com/
(da Il Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupery)


Rue des cascades - Yann Tiersen by bay cingılbört

3 ott 2010

- Colui che più ci manca -



Una sensazione di mancanza impregna questa dolce presenza – nastri che con purezza scivolano verso un pavimento cosparso da fazzoletti sgualciti scolpiti nella cera, come abbandonati da qualcuno affetto da un inconsolabile pianto. Nikki Luna pone l’attenzione su ciò che dà una consistenza al senso di assenza: il desiderio. Colui che più ci manca, tragicamente, è la persona che amiamo.

Nel glossario d'amore steso da Roland Barthes e intitolato “The Lover's Discourse: A Fragment” l'assenza è così definita: "Ogni episodio di un linguaggio che mette in scena l'assenza della persona amata, indipendentemente dalla causa e la sua durata, e che tende a trasformare questa assenza in un calvario di abbandono." Egli definisce categoricamente assenza come un discorso portato avanti dalla donna sedentaria. Mentre l'uomo caccia, la donna aspetta.

Tale assenza identificata nell’angoscia della donna abbandonata è ciò che Luna esplora con delicatezza. L’artista appende nastri su cui è stampata la frase "Gaano Ikaw ko kamahal" (quanto ti amo) presa in prestito dal testo di una canzone d'amore popolare filippina. Una canzone d'amore scritta dalla nonna di Luna per il marito che l'ha abbandonata nei loro anni del tramonto. E per il quale questa donna piange. I tessuti trasparenti, sparsi in maniera casuale, evocano nastri di cassette, rinforzando concettualmente la ripetizione visiva. Una canzone silenziosa e malinconica si ripete ancora e ancora, avvolgendo l'intera stanza con un peso indescrivibile.

La tragedia non è l'assenza fisica della persona amata. E’ l'inarrestabile presenza dentro di lei. La strofa "quanto ti amo" è un paradosso che descrive l’impossibilità di dare un peso e un valore a certe sensazioni. Abbandonata, lei sembra amare più di quanto sia a sua volta amata. Ma, come Luna ha visto, ogni caduta é una storia a sé, una storia non definibile in bianco e nero.

L'artista manifesta un frammento di questa ragione d'essere attraverso le sculture di tessuto, alcune delle quali sono lasciate bianche, mentre altre sono imbevute in vernice d'oro. Vi è dolore e vi è oro, come vi è la purezza di un affetto segnato dalle cicatrici di desideri mondani. La delicatezza generale dello spazio creato nasconde un’inesorabile devastazione. Andando ben oltre i luoghi comuni, Luna decostruisce simultaneamente i concetti di amore, donna e famiglia attraverso la rappresentazione minuziosa di una donna, incarnata da un parente estraniato, in quanto essere egoista ma al tempo stesso amorevole: altruista, ma alla fine, non amato.

Questa donna non è lo stereotipo della madre adorata né della moglie mansueta. Né corrisponde all’emblema del potere femminile. La precarietà della sua devozione l’ha condannata al suo isolamento. Come reazione la donna guarda indietro agli oggetti materiali, poiché unici elementi possedibili con pienezza; e ai suoi ricordi, come se in essi ritrovasse un amore corrisposto.

Tracciando i meandri intricati delle emozioni di questa donna, Luna ha sviluppato questo prezioso modello di ripetizione. Non diversamente dalla massima del Grande Gatsby per cui “barche che avanzano contro corrente, rimandano incessantemente al passato". Non diversamente dall’uomo eternamente infelice di Kundera, per il quale "la felicità è il desiderio di ripetizione." La ripetizione è inerzia, e l'inerzia è dolore. Parafrasando Nietzsche, "solo ciò che non cessa di ferire rimane nella memoria."

Luna esalta e al tempo stesso castiga questa donna che soffre. Di qui il materiale e le sfumature blu delle guarnizioni, che evocano l'immagine di vene pulsanti di desiderio e malcontento. L’artista mette a nudo queste vene come viste attraverso un polso luminoso. E lo fa mostrandoci esattamente dove la vita pulsa, si contorce, prospera.

(traduzione da Adjani Arumpac)
(G. de Risi)

Thomas newman - american beauty - american beauty by Topacio Bleu