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5 mag 2011

- Processo breve e processo yogurt -



Ecco il processo breve! L’Europa ci chiama e noi rispondiamo: basta con processi che durano secoli, ora anche da noi si farà in fretta. Una giustizia rapida è una giustizia giusta.
Detta così, siamo tutti d’accordo: i processi civili e penali nel sistema italiano durano troppo.
L’Europa ci sanziona in continuazione per i tanti ritardi.
Qual è allora il rimedio che si propone? Il processo breve. Su questo argomento non troverete nulla nella Riforma Epocale della Giustizia: per il processo breve un’approvazione breve, direttamente per legge ordinaria, senza toccare la Costituzione. Qualche parapiglia in Parlamento, urla nella piazza di Montecitorio, e poi si parte.
Ma cos’è questo processo breve e, soprattutto, come funziona? In due modi: fissando per legge la durata e accorciando i termini della prescrizione. Si dice cioè: il processo deve finire entro un certo termine (altrimenti subito giudizio disciplinare per i magistrati, perché si sa che la colpa è solo la loro) e comunque dopo poco tempo il reato è estinto, cancellato dalla prescrizione.
È lecito pensare: ma se hanno fissato un termine per finire i processi, avranno anche fatto uno studio approfondito per capire come mai durano così a lungo; di conseguenza, avranno inserito delle norme che tolgono le lungaggini inutili.
Niente di tutto questo: nelle riforme che si susseguono non si cambia di una virgola la procedura, quella c’è e quella vi tenete. Dovete solo fare più in fretta.
Sarebbe come dire: d’ora in poi l’autobus che fa la linea Sassari-Cagliari deve metterci due ore. Ma si obbietta: come fa a fare il tragitto più velocemente se l’autobus è vecchio, ci sono i limiti di velocità e la strada è piena di cantieri? Non importa: deve fare la strada in due ore. E se non ce la fa? Se non ce la fa l’autobus alla scadenza delle due ore si ferma e l’autista dice che la corsa finisce lì. I passeggeri scendono e si trovano più o meno fra Sardara e Sanluri; certo, potranno scegliere se visitare le terme o comprare il pane tipico, ma a Cagliari con quell’autobus non ci arriveranno più, fine della corsa. E se vorranno tutelare i propri diritti cercheranno altre strade, altre scorciatoie, anche non lecite. E l’autista? Sotto procedimento disciplinare.
Altro esempio: il primario del reparto infettivi ha l’obbligo di riuscire a curare un malato entro due mesi. Non ci riesce, perché i virus sono resistenti, perché il malato non reagisce, perché la ASL non ha i soldi per comprare l’ultimo farmaco sperimentato in America. Alla scadenza dei due mesi si chiude: gli infermieri scaraventano il malato fuori dal letto, lo piazzano su una barella e lo scaricano a casa, guarito o non guarito. Non è mica un problema dello Stato: i tempi sono stati rispettati. E il primario? Sotto procedimento disciplinare.
Ecco il processo breve, ma forse sarebbe il caso di chiamarlo processo yogurt, dopo un po’ scade e non si può andare avanti.
Eppure, quanto si potrebbe fare. Qualunque magistrato o avvocato saprebbe, con un mesetto di lavoro, dare dei suggerimenti concreti per accorciare della metà i tempi dei processi civili o penali.
Tutto ciò potrebbe avvenire senza nemmeno sfiorare i diritti di difesa: basterebbe mettere mano alle notifiche per velocizzare il tutto (e già così il famoso autobus si fermerebbe almeno alla periferia di Cagliari). Basterebbe poi depenalizzare qua e là, sfrondare di vari appesantimenti i nostri processi.
Per ultimo basterebbe investire nella giustizia, che non significa dare più soldi ai magistrati (figuriamoci, non tutti sanno che di recente hanno decurtato gli stipendi dei magistrati, unica categoria colpita) ma eliminare le montagne di carta che ogni processo produce e trasformarle in documenti digitali oppure assumere più personale amministrativo. Tutto più efficiente, tutto più veloce. E l’autobus arriverebbe sul lungomare di Cagliari ben prima delle due ore.
Ma a nessun magistrato o avvocato di buona volontà viene chiesto di dare una mano per trovare delle soluzioni: il processo rimane com’è e quindi sarà breve, rapido.
Per molti imputati sarà soprattutto indolore, come nella pubblicità della siringa che non fa male: già fatto? Sì, già fatto: l’imputato non ha sentito niente, solo un lieve bruciore. Potrà tornare a casa soddisfatto sapendo che, se per caso gli dovesse capitare di commettere qualche altro reato, molto probabilmente la situazione sarebbe la stessa: già fatto? E le strade sarebbero piene di ex imputati di vari reati, dalla violenza sessuale al furto con scasso, dalla corruzione alla bancarotta fraudolenta, che camminano contenti, con solo un lieve bruciore.
Gianni Caria
Magistrato

11 apr 2011

- I pm come leoni senza denti -


Il maresciallo non busserà più alla porta del pm. La «riforma epocale» della giustizia avrà come effetto pratico proprio questo. Finora l’autorità giudiziaria disponeva «direttamente» della polizia giudiziaria. Il nuovo articolo 109 della Costituzione che l’ attuale maggioranza vorrebbe approvare dice invece che i magistrati «dispongono della polizia giudiziaria secondo le modalità stabilite dalla legge». Ciò significa che con una semplice leggina si potrà deliberare che il maresciallo farà le indagini per conto suo, che non sarà più tenuto a rispondere alle deleghe di indagine del pm, che presenterà al pm un piatto pronto, prendere o lasciare.

Chi non conosce i meccanismi del procedimento penale si chiederà per quale motivo viene modificata in questa maniera la Costituzione. Sicuramente ci sarà qualcuno che in qualche salotto televisivo, fra un urlo e l’altro, dirà che i pubblici ministeri hanno esagerato disponendo della polizia giudiziaria «direttamente». Basta con questo strapotere!

I pubblici ministeri hanno esagerato, ma in cosa? Hanno esagerato nel fare le indagini? Ne hanno fatto troppe? O magari fra le migliaia di indagini preliminari che ogni pm fa nella sua carriera, ogni tanto, qua e là, ce n’è qualcuna particolarmente sgradita?

Quello delle indagini è un lavoro di organizzazione. Ogni pm tratta in media all’anno circa duemila notizie di reato. Su tutte queste si fanno le indagini; per molte si accerta che sono da archiviare e per le altre si va a giudizio. Un lavoro enorme: per questo il pm ha dei poteri di coordinamento che gli consentono di utilizzare qualunque forza di polizia presente sul territorio italiano.

Naturalmente c’è indagine e indagine: quelle per i reati più gravi sono accompagnate da frequenti riunioni e contatti con le forze di polizia. Fra il pm e la polizia giudiziaria c’è un continuo scambio di informazioni, di pareri sulle strategie di indagine. Uno scambio di esperienze, di professionalità, di umanità.

Così il Maresciallo bussa continuamente alla porta del pm o lo chiama spesso al telefono per
avere un confronto e un conforto, per sentire le sue direttive. Il Maresciallo sa che avere il
coordinamento del pm autonomo e indipendente è una garanzia non solo per il buon esito delle
indagini ma anche per lui, sa cioè che nel caso si trovasse a sollevare il coperchio di qualche
pentola puzzolente nessuno potrà bloccarlo perché c’è il pm.

Con la «riforma epocale» della giustizia tutto cambierà: il pm vedrà le indagini a cose fatte, soprattutto vedrà le indagini che altri e non lui decideranno di svolgere. Potrà forse ancora fare indagini in proprio, ma dovrà farle da solo oppure mettersi in coda. Il maresciallo non busserà più alla porta, se non per portare un bel pacchetto di indagine pronto. Il pm guarderà quel pacchetto con diffidenza perché non è roba fatta da lui.

Magari gli verrà in mente di chiedere al maresciallo se sa come mai non è ancora arrivato niente che riguardi quel signore che è da qualche giorno incatenato alla cancellata del tribunale, con al collo la scritta «vittima di usura». Il Maresciallo lo guarderà imbarazzato e con un po’ di vergogna, cercherà di spiegargli che ultimamente si stanno occupando del grave problema della vendita di cd contraffatti sui nostri litorali - «sa, fra un po’ inizia l’e state» - e che insomma in fin dei conti non dipende da lui ma dal suo comandante. Sarà più solo il pm e sarà più solo il maresciallo, che dovrà obbedire alle sue gerarchie.

Il pm ora dispone «direttamente» della polizia giudiziaria per fare le indagini e per verificare che siano fatte nel pieno rispetto dei diritti di tutti, compresi quelli degli indagati, per assicurare a tutta la cittadinanza che nessuna indagine verrà bloccata da altri poteri dello Stato e che si lavorerà per ogni reato denunciato. Un pm senza polizia giudiziaria è un leone senza denti, una pistola caricata ad acqua.

(Gianni Caria, Magistrato)

1 apr 2011

- Il PM con il cappello in mano -


La riforma epocale è finalmente arrivata, fra squilli di tromba, caute aperture e manifestazioni di indignazione. Verrà profondamente modificata la Costituzione e, si dice, finalmente avremo una giustizia che funziona. Si dice anche, lo dice il nostro premier, che con questa riforma i Pubblici Ministeri busseranno alla porta del Giudice con il cappello in mano.
Chi non è un tecnico del diritto si chiede come finora avvenivano gli incontri istituzionali fra P.M. e Giudice (che faceva il P.M.? Entrava senza bussare? Si stravaccava sulla poltrona mettendo i piedi sul tavolo? Raccontava al Giudice barzellette sconce?). Chi invece di mestiere interpreta le leggi e cerca di coglierne le conseguenze ha il compito di leggere la proposta con attenzione e senza pregiudizi.

Attualmente tutta la magistratura (giudici e pubblici ministeri) costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere. Non c’è separazione delle due carriere, ma divieti di passaggio da una funzione all’altra nell’ambito dello stesso distretto di Corte d’Appello.
Con la riforma le due carriere saranno separate. Due concorsi, due CSM. Se ci si fermasse a questo punto, se ne potrebbe discutere: la separazione (che non condivido) porta vantaggi e svantaggi, ma siamo ancora in un ambito accettabile.

Ma con la riforma non tutta la magistratura, ma solo i giudici “costituiscono un ordine autonomo e indipendente da ogni potere e sono soggetti soltanto alla legge”. Per il nuovo art. 104 Cost. invece l’ufficio del pubblico ministero è organizzato secondo le norme dell’ordinamento giudiziario che ne assicurano l’autonomia e l’indipendenza”.
Ecco la differenza: i pubblici ministeri non saranno come ora “soggetti soltanto alla legge” ma sarà il Parlamento che con legge ordinaria riempirà di contenuto quel residuato di autonomia e
indipendenza che rimane loro. Ergo, i pubblici ministeri saranno soggetti sia alla legge che ad altro.

Altra modifica: ora “il pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale”, cioè di procedere per ogni reato senza distinzione. Con la riforma, l’obbligo si eserciterà “secondo i criteri stabiliti dalla legge”.
Che accadrà? Il Parlamento potrà approvare norme che costringeranno il P.M. a procedere solo per alcuni reati e non per altri (immaginiamo, naturalmente per pura ipotesi, una maggioranza con un orientamento vagamente xenofobo che impone di occuparsi solo di reati commessi da stranieri) oppure che lo obbligheranno a informare il Ministro di ogni iniziativa penale presa. Il Ministro potrà interloquire sulle indagini, dire al P.M. di lasciare perdere un’inchiesta e di occuparsi di altro o contestargli che fare una certa indagine costa troppo.
Pensate a un Ministro che sa che un’indagine tocca un suo collega di partito: la farà continuare,
dicendo bravo al P.M., o gli dirà che non è il caso?

Ecco allora il P.M., solo nella sua stanza e seppellito, come sempre, da fascicoli, che sente bussare alla porta: è un imprenditore che viene a denunciare che un pubblico amministratore pretende una tangente. Ora non gli si dice nulla: lui sa che indagheremo, senza guardare in faccia a nessuno. In futuro gli diremo “forse”, forse potrà avere giustizia: se il Parlamento quell’anno ha messo il reato di concussione fra le priorità, se il Ministro non pretenderà di essere informato, vanificando indagini a sorpresa, se non verranno inserite norme in base alle quali la Polizia Giudiziaria potrà infischiarsene delle direttive di indagine del P.M..
Diremo “forse” alle vittime di concussione, di usura, di violenza di ogni tipo, di disastri ambientali.

Lo diremo soprattutto alle vittime deboli, che non hanno i mezzi per muovere l’opinione pubblica o per attivare qualche lobby parlamentare. Ci vergogneremo di non assicurare giustizia, e allora ci verrà un pensiero: “forse” chiedendo al Procuratore della Repubblica di telefonare al Procuratore Generale della Corte d’Appello perché telefoni al Procuratore Generale della Cassazione perché telefoni al Sottosegretario perché lo chieda al Ministro, “forse” potremo eccezionalmente fare un’indagine che non rientra fra le priorità.
Ecco. Ecco il P.M. con il cappello in mano. Ma non per andare dal Giudice, ma per chiedere ad altri poteri se per caso, solo per questa volta, se non disturbo, si possa fare un’eccezione e procedere con determinazione perché c’è una persona che vuole giustizia.

E allora mi chiedo se davvero si può volere un P.M. così. Anche ora il P.M. si toglie idealmente il cappello, si scopre la testa, non per chiedere ma per rispetto: lo fa di fronte alla Legge, di fronte alla Costituzione, di fronte a ogni cittadino (comunitario o extracomunitario) che ha davanti. E come ogni cittadino che si rispetti, lo fa davanti ai simboli dello Stato Italiano.

(Gianni Caria, Magistrato)