31 gen 2011

- Lettera ad una professoressa (1967) -


Cara signora,

lei di me non ricorderà nemmeno il nome. Ne ha bocciati tanti.
Io invece ho ripensato spesso a lei, ai suoi colleghi, a quell'istituzione che chiamate scuola, ai ragazzi che «respingete».
Ci respingete nei campi e nelle fabbriche e ci dimenticate.

***

Alle elementari lo Stato mi offrì una scuola di seconda categoria. Cinque classi in un'aula sola. Un quinto della scuola cui avevo diritto.
È il sistema che adoprano in America per creare le differenze tra bianchi e neri. Scuola peggiore ai poveri fin da piccini.

Finite le elementari avevo diritto a altri tre anni di scuola. Anzi la Costituzione dice che avevo l'obbligo di andarci. Ma a Vicchio non c'era ancora scuola media. Andare a Borgo era un'impresa. Chi ci s'era provato aveva spe­so un monte di soldi e poi era stato respinto come un cane.
Ai miei poi la maestra aveva detto che non sprecassero soldi: «Mandatelo nel campo. Non è adatto per studiare».
Il babbo non le rispose. Dentro di sè pen­sava: «Se si stesse di casa a Barbiana sarebbe adatto».

A Barbiana tutti i ragazzi andavano a scuo­la dal prete. Dalla mattina presto fino a buio, estate e inverno. Nessuno era «negato per gli studi».

***

Barbiana, quando arrivai, non mi sembrò una scuola. Nè cattedra, nè lavagna, nè banchi. Solo grandi tavoli intorno a cui si faceva scuola e si mangiava.
D'ogni libro c'era una copia sola. I ragazzi gli si stringevano sopra. Si faceva fatica a ac­corgersi che uno era un po' più grande e in­segnava.
Il più vecchio di quei maestri aveva sedici anni. Il più piccolo dodici e mi riempiva di am­mirazione. Decisi fin dal primo giorno che avrei insegnato anch'io.

La vita era dura anche lassù. Disciplina e scenate da far perdere la voglia di tornare.
Però chi era senza basi, lento o svogliato si sentiva il preferito. Veniva accolto come voi accogliete il primo della classe. Sembrava che la scuola fosse tutta solo per lui. Finchè non aveva capito, gli altri non andavano avanti.

Non c'era ricreazione. Non era vacanza nem­meno la domenica.
Nessuno di noi se ne dava gran pensiero perchè il lavoro è peggio.
[..] Che i ragazzi odiano la scuola e amano il gioco lo dite voi. Noi contadini non ci avete interrogati. Ma siamo un miliardo e novecento milioni. [...]
Tutta la vostra cultura è costruita così. Co­me se il mondo foste voi.

***

A giugno del terzo anno di Barbiana mi presentai alla licenza media come privatista.
Il tema fu:  «Parlano le carrozze ferro­viarie».
A Barbiana avevo imparato che le regole del­lo scrivere sono: Aver qualcosa di importante da dire e che sia utile a tutti o a molti. Sapere a chi si scrive. Raccogliere tutto quello che ser­ve. Trovare una logica su cui ordinarIo. Elimi­nare ogni parola che non serve. Eliminare ogni parola che non usiamo parlando. Non porsi li-miti di tempo. […]
Davanti a quel tema che me ne facevo delle regole umili e sane dell'arte di tutti i tem­pi? Se volevo essere onesto dovevo lasciare la pagina in bianco. Oppure criticare il tema e chi me l'aveva dato.
[…]
Il compito di francese era un concentrato di eccezioni.
Gli esami vanno aboliti. Ma se li fate, siate almeno leali. Le difficoltà vanno messe in per­centuale di quelle della vita. Se le mettete più frequenti avete la mania del trabocchetto. Come se foste in guerra coi ragazzi.
Chi ve lo fa fare? Il loro bene?

kriticadellaragione.blogspot.com

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