23 nov 2010

- Un viaggio non finisce mai -



Erodoto inizia la sua narrazione con una frase di spiegazione sui motivi che l’hanno indotto a scriverla:

“Questa è l’esposizione delle ricerche di Erodoto di Alicarnasso perché le imprese degli uomini col tempo non siano dimenticate, né le gesta grandi e meravigliose così dei Greci come dei Barbari rimangano senza gloria, e, inoltre per mostrare per qual motivo vennero a guerra fra loro”.  […]



Erodoto ammette di essere ossessionato dalla memoria. Sa che la memoria è qualcosa di fragile, instabile, addirittura illusorio. Che i dati in essa contenuti possono svanire senza lasciare traccia. Tutta la sua generazione, tutti gli uomini di quel mondo sono ossessionati dalla stessa paura. Senza memoria non si vive: ma la memoria, pur innalzando l’uomo al di sopra dell’animale e determinando la confermazione della sua anima, è inafferrabile e traditrice. È questo a rendere l’uomo così insicuro di sé. “Aspetta un momento: era il…” “ Ma sì! È stato nel… Aspetta, quando è stato?” Non ricordiamo più e dietro a questo non ricordare si spalanca la zona dell’ignoranza, ossia della non esistenza.

L’uomo moderno non si preoccupa della sua memoria, attorniato com’è dalla memoria immagazzinata. Ha tutto a portata di mano: enciclopedie, manuali, dizionari, compendi. Biblioteche e muse, librerie antiquarie e archivi. Cassette audio e cassette video. Internet. Riserve inesauribili di parole, di suoni e di immagini conservate in case, magazzini, cantine e soffitte. Se è un bambino, gli insegna tutto la maestra, se è uno studente, ricorre al professore.

Nessuna, o quasi nessuna di tali istituzioni esisteva ai tempi di Erodoto. L’uomo sapeva soltanto ciò che la sua mente riusciva a trattenere. […]

Nel mondo di Erodoto l’unico (o quasi l’unico) depositario della memoria è l’uomo. Se si vuole conoscere ciò che è stato memorizzato, bisogna consultare l’uomo. Se quest’uomo vive lontano dobbiamo metterci in cammino, raggiungerlo e, una volta trovato, sederci ed ascoltare ciò che ha da dirci. […]

Erodoto, quindi, viaggia per il mondo, incontra altri uomini e ascolta quello che hanno da dirgli.
[…]

Tutto scorre, ma nello scorrere si trasforma. Lo stesso accade alla memoria. Alcune immagini si spengono, sostituite da nuove. Con la differenza che le nuove non sono più uguali a quelle di prima: come non ci si bagna due volte nello stesso fiume, così è impossibile che una nuova immagine sia identica a quella precedente.

Questa immagine dell’eterno scorrere Erodoto la comprende benissimo e vuole opporsi alla sua natura distruttrice, affinché “le imprese degli uomini col tempo non siano dimenticate”. […]

Tutto questo lo intriga, lo assorbe, non gli basta mai. Erodoto ci appare come un uomo ossessionato da un’idea che non gli piace. Un irrequieto che non riesce a stare fermo, sempre in movimento e che, dovunque arrivi, porta un clima di agitazione ed inquietudine. Alla gente (di solito la più numerosa) che non ama uscire di casa e avventurarsi fuori dalle mura di cinta, questi esterni irrequieti fanno l’effetto di essere degli strampalati, degli invasati o, addirittura, dei folli.

Forse era così che i contemporanei vedevano Erodoto. Lui non ne parla mai. Ma poteva, uno come lui, badare a cose del genere, occupato com’era, prima, nei preparativi del viaggio, poi, a viaggiare e, infine, a selezionare e riordinare i materiali riportati? Un viaggio non inizia nel momento in cui partiamo, né finisce nel momento in cui raggiungiamo la meta. In realtà comincia molto prima e non finisce mai, dato che il nastro dei ricordi continua a scorrerci dentro anche dopo che ci siamo fermati. È il virus del viaggio, malattia sostanzialmente incurabile.

(da In Viaggio con Erodoto, Ryszard Kapuscinski)


Liquor - runaway by Un Kritico


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