31 gen 2011

- Lettera ad una professoressa (1967) -


Cara signora,

lei di me non ricorderà nemmeno il nome. Ne ha bocciati tanti.
Io invece ho ripensato spesso a lei, ai suoi colleghi, a quell'istituzione che chiamate scuola, ai ragazzi che «respingete».
Ci respingete nei campi e nelle fabbriche e ci dimenticate.

***

Alle elementari lo Stato mi offrì una scuola di seconda categoria. Cinque classi in un'aula sola. Un quinto della scuola cui avevo diritto.
È il sistema che adoprano in America per creare le differenze tra bianchi e neri. Scuola peggiore ai poveri fin da piccini.

Finite le elementari avevo diritto a altri tre anni di scuola. Anzi la Costituzione dice che avevo l'obbligo di andarci. Ma a Vicchio non c'era ancora scuola media. Andare a Borgo era un'impresa. Chi ci s'era provato aveva spe­so un monte di soldi e poi era stato respinto come un cane.
Ai miei poi la maestra aveva detto che non sprecassero soldi: «Mandatelo nel campo. Non è adatto per studiare».
Il babbo non le rispose. Dentro di sè pen­sava: «Se si stesse di casa a Barbiana sarebbe adatto».

A Barbiana tutti i ragazzi andavano a scuo­la dal prete. Dalla mattina presto fino a buio, estate e inverno. Nessuno era «negato per gli studi».

***

Barbiana, quando arrivai, non mi sembrò una scuola. Nè cattedra, nè lavagna, nè banchi. Solo grandi tavoli intorno a cui si faceva scuola e si mangiava.
D'ogni libro c'era una copia sola. I ragazzi gli si stringevano sopra. Si faceva fatica a ac­corgersi che uno era un po' più grande e in­segnava.
Il più vecchio di quei maestri aveva sedici anni. Il più piccolo dodici e mi riempiva di am­mirazione. Decisi fin dal primo giorno che avrei insegnato anch'io.

La vita era dura anche lassù. Disciplina e scenate da far perdere la voglia di tornare.
Però chi era senza basi, lento o svogliato si sentiva il preferito. Veniva accolto come voi accogliete il primo della classe. Sembrava che la scuola fosse tutta solo per lui. Finchè non aveva capito, gli altri non andavano avanti.

Non c'era ricreazione. Non era vacanza nem­meno la domenica.
Nessuno di noi se ne dava gran pensiero perchè il lavoro è peggio.
[..] Che i ragazzi odiano la scuola e amano il gioco lo dite voi. Noi contadini non ci avete interrogati. Ma siamo un miliardo e novecento milioni. [...]
Tutta la vostra cultura è costruita così. Co­me se il mondo foste voi.

***

A giugno del terzo anno di Barbiana mi presentai alla licenza media come privatista.
Il tema fu:  «Parlano le carrozze ferro­viarie».
A Barbiana avevo imparato che le regole del­lo scrivere sono: Aver qualcosa di importante da dire e che sia utile a tutti o a molti. Sapere a chi si scrive. Raccogliere tutto quello che ser­ve. Trovare una logica su cui ordinarIo. Elimi­nare ogni parola che non serve. Eliminare ogni parola che non usiamo parlando. Non porsi li-miti di tempo. […]
Davanti a quel tema che me ne facevo delle regole umili e sane dell'arte di tutti i tem­pi? Se volevo essere onesto dovevo lasciare la pagina in bianco. Oppure criticare il tema e chi me l'aveva dato.
[…]
Il compito di francese era un concentrato di eccezioni.
Gli esami vanno aboliti. Ma se li fate, siate almeno leali. Le difficoltà vanno messe in per­centuale di quelle della vita. Se le mettete più frequenti avete la mania del trabocchetto. Come se foste in guerra coi ragazzi.
Chi ve lo fa fare? Il loro bene?

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29 gen 2011

- La vita è dura. Poi muori. -



Questa è la frase che mi avrebbero dovuto dire all'inizio della mia adolescenza, quando i miei 15 anni mi regalavano schiaffi ormonali e iniziavo pian piano a viaggiare alla stessa velocità del mondo.

LA VITA È DURA. POI MUORI.
Sottolineo, "DURA", non "BRUTTA", è vero che ogni tanto le due cose coincidono ma non è quasi mai così. 

Vi faccio un esempio, provate a dire ad un tifoso di calcio, qualunque sia la sua fede calcistica: "Mercoledì c'è Fiorentina (lo dico per comodità, voi inserite pure la vostra squadra) - Barcelona. Come la vedi?" State certi che vi risponderà qualcosa come: "Che scoppole che prendiamo, cascasse il mondo la devo vedere"
Già, perchè le partite importanti sono quelle più dure, le partite più viste sono quelle più dure.
Si beh, poi il Barca te rifila almeno 3 e tu un po' muori.

Secondo la logica, se Fiorentina-Barcelona fa il pienone e Fiorentina-San Benedettese la vanno a vedere due cristiani, vuol dire che il tifoso medio è un idiota che preferisce andare a vedere la sua squadra perdere. Forse in questo caso l'esempio calcistico non calza a pennello, ma provate a coglierne il concetto; non ha senso sperare di più nelle cose praticamente impossibili e tralasciare quelle più semplici, cazzo no, non ha senso!

Esatto, grosso modo non ce l'ha, eppure è quello che facciamo tutti.

Alla fine, da quando la vita segue un senso logico? Da quando la vita è scontata, prevedibile e banale? Da quando ci si dedica con attenzione alle cose semplici? Nessuno ci sta a disilludersi del tutto, a non crederci, a smettere di sognare. Perchè lo impari subito, questo a 15anni già lo sapevo, che l'ultimo tiro è quello che andrebbe buttato, quello che brucia e basta, quello che ti scotta le labbra, quello che sa di cartone. Ma cosa fai? Davvero sei disposto a non vivertela fino in fondo?
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(Peg)


Scarface Soundtrack - Push It to the Limit by Un Kritico

28 gen 2011

- Pour Toujours -




E’ finita.
E’ davvero finita. E non c’è nulla da fare. Non si torna indietro!
Ci hai provato fino all’ultimo, ma i tuoi sogni finiscono lì. Capolinea


E’ difficile dirsi addio. Anzi è molto più difficile accettare il fatto che ci si è detti  definitivamente addio e che da lì in avanti si percorreranno strade differenti. Uno di là, l’altra di qua.
Ma non sai quello che stai perdendo. E come potresti? Non c’è stato un solo attimo della tua vita che lei non fosse al tuo fianco per sostenerti. Lei ha sempre significato vivere. Ha sempre significato tutto. Punto.
Eppure avevate fatto così tanta strada insieme. C’era voluto così tanto per capirsi e per scavare a fondo nei vostri animi. Granello, dopo granello, parola dopo parola, lacrima dopo lacrima.


Così per sempre ti diceva. No. Non sarà pour toujours.


In realtà ti illudi che tutto si sistemerà. E’ sempre andata così: lasci passare un po’ di tempo e poi richiamerà . Sei sicuro che richiamerà. Ti ama.
Ma il telefono non squillerà più..


Dovrai trovare il modo per convivere con un vuoto enorme dentro di te.  Crollerà tutto. Del tuo castello di sabbia rimarranno solo ricordi. Quei maledetti ricordi che violenteranno le tue notti.
Ti sarà accanto per molto tempo: la ritroverai negli oggetti comuni che ti circondano. La sentirai nelle labbra che bacerai. E la cercherai negli occhi di chi ti sta baciando.


Lei sarà sempre dentro di te. Attorno a te. Ma non con te.


E forse un giorno la rincontrerai, come nei più classici film romantici. E ti accorgerai che la persona che hai cercato e per la quale hai sofferto non esiste più. E’ morta quel giorno, in quell’addio.
Hai inseguito una chimera.

Allora ti chiedi come sarebbero andate le cose se quel giorno…



No. Non si torna indietro!
Però continui a sognare.
Perché nei sogni lei è rimasta la stessa.
E ti ama...
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(Pippo)

Blink 182 - What Went Wrong by PaPa-G


27 gen 2011

- 150 times Italy -


Non posso esimermi.

Si fa un gran parlare, non c'è che dire, dei vizi privati e delle virtù pubbliche. In un Paese che ha fatto del suo "particulare" un motivo di vanto fin dalla notte dei tempi. Specchio rovesciato del cielo che noi, Italiani, abbiamo contribuito a intorbidire per decenni, la morale pubblica torna in auge in periodi di grave crisi economica e, soprattutto, sociale, come il presente.

Entriamo nel 150esimo anno della nostra storia con un piede distratto e impoverito nella fossa degli slogan che ci accompagnano come balie e ci plasmano come mitocondri impazziti. Le nostre famiglie hanno, nella stragrande maggioranza, una casa di proprietà sull'onda dell'"ognuno proprietario a casa propria", ma ci lamentiamo delle banlieux desolate e cementificate delle nostre città, sorte negli anni '60 e '70. Anni in cui gli slogan democristiani andavano per la maggiore. "In pensione con 15 anni di contributi", ed ora tutti a battersi il petto per il crack del sistema previdenziale. Questi, erano gli '80.

Ma veniamo a noi. Non erano forse i '90 (ovvero, noi) quando ci sbattevano in faccia dalla Tivvù le zoccole vestite da cameriere del Drive In in un'orgia di degradante reificazione del genere femminile? Non ricordo orde di casa-lingue benpensanti (nè, a dire il vero, schiere di fini costituzionalisti) stracciarsi le vesti per impedire che questo Paese sprofondasse nell'auto commiserazione. Chi si è arricchito allora, solleticando gli istinti più bassi di un popolo che non è mai riuscito a compiere un vero salto culturale, oggi governa lo stesso popolo, che continua a vivere in una periferia culturale sgomentevole.

La morale pubblica non è che il termometro della morale privata. E il prossimo 17 marzo, giorno in cui festeggeremo l'unità d'Italia, avremo seri dubbi che i nostri vicini di casa sappiano, anche vagamente, quale sia la differenza fra il Presidente della Repubblica e il Presidente del Consiglio. In compenso, possiamo tutti scommettere che sapranno benissimo cosa fare la sera per festeggiare.

Viva l'Italia. Fino al prossimo slogan.

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26 gen 2011

- L'istinto -





Andare per i fossati con le amiche per raccogliere le viole era un  passatempo primaverile per riempire i pomeriggi dopo  la scuola.
Era stato così anche il giorno prima che il fatto accadesse.
Sola nel prato dietro casa, cercava il trifoglio per sfamare i conigli; alzando lo sguardo vide in lontananza una persona che si avvicinava…
Scappa “ disse una voce dentro di lei… “Scappa!”
Ma mentre la figura si faceva sempre più vicina, perfezionandosi nelle sembianze, lei lo riconobbe: era quel  signore che tutte le volte  che lo incontrava  aveva sempre un bel sorriso stampato sul volto, unito ad una simpatica schiacciatina d’occhio.
Perché allora quella tensione, quel contorcersi dello stomaco, quel duello di voci interne che la inchiodavano nell’erba?
Più tardi scoprirà che l’istinto la stava avvisando  di un pericolo che i suoi dieci anni ancora non riuscivano a cogliere, anche perché nulla era fuori luogo in quella scena.
Quando furono uno  di fronte all’altro,  lui con il solito sorriso le chiese di seguirlo nel fossato lì vicino per raccogliere le viole.
Già fatto ieri” rispose lei, mentre dentro la voce era ormai un urlo.
La paura (ma di chi o di cosa?) la invase e la spinse a tornare a casa…

Ancora adesso, a distanza di tanti anni, ciò che lei avverte rivedendo la scena non è tanto il disgusto per il vile abbraccio subito, ma la fortissima sensazione di pericolo percepita in tutto il corpo alla vista dell’uomo che conosceva molto bene e che non aveva mai avuto alcun atteggiamento equivoco.

L’evoluzione umana ci ha privato dell’istinto primordiale di sopravvivenza tipico delle prede più indifese. Abbiamo soffocato la capacità di avvertire il pericolo poiché abbiamo sancito la nostra superiorità nei confronti delle altre creature, scalando la piramide alimentare.
Eppure tutt’oggi, quell’istinto primordiale insito dentro di noi può fare la differenza tra voltare le spalle e fuggire piuttosto che rimanere e andare  a “cogliere le viole”.
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(Maca)

 

CatStevens- WildWorld by nooshin ♣

25 gen 2011

- Interrail #7 -


Capitolo Settimo:
(Primi e) ultimi preparativi




Mercoledì 13 Luglio 2005. Ore 10,15.
Finalmente eravamo tutti maturi. Ci rendemmo quindi conto che avevamo meno di 24 ore per
preparare un viaggio di tre settimane di cui l'unica certezza erano i voli di andata e ritorno per
Madrid, pagati a peso d'oro al CTS. 

Non è economicamente saggio comprare un volo due giorni prima della partenza, forse hanno ragione i nostri altri compagni di classe che prenotano le vacanze estive a Dicembre. Per affrontare meglio quello che ci aspettava io, Stone e Mike festeggiammo bevendoci tutta la bottiglia di spumante alle 10.30 di mattina proprio davanti alla mia scuola. 
Sì, eravamo proprio maturi.

Pochi frammenti sono rimasti di quella frenetica giornata ricca di adrenalina, ricca di pensieri su tutto quello che era appena terminato e su tutto quello che stava per iniziare.

Ho parecchia confusione e non riesco a ricordare gli avvenimenti secondo un esatto ordine cronologico. 
Mi rivedo mentre tiro fuori il portafoglio per prendere i soldi e, con tutta la roba inutile che c’era là dentro, proprio la carta socio CTS mi doveva cadere nel tombino. 
Ricordo le inutili code per fare l'inutile modello E111, copertura sanitaria all'estero imposta dai nostri genitori. 
La telefonata a mia madre per avere l'approvazione ad affittare la macchina. Sapeste quanto poteva essere felice di sapere che andavamo in giro in macchina con itinerario da definire e una sola persona legalmente in grado di guidarla (Mike), specie quando mio fratello aveva fatto un incidente in scooter tre giorni prima. 
Jeff, come tutti i calciatori star perennemente in ritardo, che ci raggiunge fuori dalla scuola, giusto quando abbiamo appena lasciato i resti della nostra bevuta sul motorino di un'amica. 
Jeff che non sa scegliere lo zaino da comprare. Io che prima di iniziare a fare lo zaino penso “mi porto il meno possibile”. 
All’agenzia che ci dicono che per rifare la carta socio CTS bisogna prima presentarsi con la denuncia e poi pagare qualcosa come 28 euro. Fanculo, se la tengano.
Stone che arriva allo sportello per fare l’E111, senza sapere cosa sia, e dice, indicandomi, “devo fare quello che ha appena fatto lui”. Io e Mike che, contagiati da Jeff, perdiamo le nostre poche certezze sullo zaino più adatto. La cena “Pizza finché non dici basta” con Phil in cui non facciamo una prestazione degna di nota. Stone che mi consegna la guida del Portogallo, comprata due mesi prima, dicendomi “Forse è meglio se la tieni tu, io non l’ho neanche aperta”. 
Il momento in cui in agenzia scopriamo che con le nostre carte di credito prepagate non possiamo affittare neanche un cammello in Marocco. 
Mio fratello che si presenta con il collare al negozio per consigliare a tutti e tre lo zaino.
Jeff che mi manda il messaggio “Eddie..stasera non vengo a mangiare la pizza… ho 38 di febbre”.
Io che ho davanti a me un mucchio di roba sul letto che dovrebbe andare nello zaino, già strapieno.
Io che decido di non portare musica mia, quindi niente Pearl Jam, come se questo potesse alleggerirmi lo zaino. 
Noi che fuori dalla pizzeria salutiamo Paulie, insultandolo perché non si era fatto vedere negli ultimi giorni e non mi aveva portato la maglietta di Stone “Io ho finito...e voi?” da mettere subito dopo l'orale.
Stone che intuisce che non avrebbe mai più rivisto la sua maglietta.
Il momento in cui scopriamo che Mike non può fare l’E111 perché per motivi strani è diventato residente in una città che dista a 500km dalla nostra. Chi se ne frega di quell'inutile documento. Io e Stone che cerchiamo di mettere un po’ della mia musica nuova (Pearl Jam) nel suo iPod, ma non ci riusciamo perché i cavi sono mezzi rotti. Fanculo anche alla mia musica.
Io e Stone che ascoltando la registrazione del mio orale scopriamo che ho preso 35 e 92 in tutto. 
Noi che diciamo “dopo la vacanza faremo di nuovo pizza finchè non dici basta e lo sbanchiamo”. 
Io che peso il mio zaino: 18 chili con sacco a pelo.
Noi quattro che pranziamo a casa di Stone alle tre di pomeriggio assieme ai nostri tre nuovi zaini uguali e a quello di Stone già riempito con i suoi 22 chili di roba.
Irons che non si fa vedere per tutto il giorno.
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(Roberto)


Pink Floyd - Time by Itubaina Radio Retro

20 gen 2011

- Un film dai frame sfocati -




Mi ricordo il primo giorno di elementari, ma non il primo giorno di medie, di liceo o di Università.
Mi ricordo chiaramente del volo del primo volo da Milano a Shanghai, ma non del primo da Milano agli Stati Uniti.

Mi ricordo la prima volta che ho visto la mia ragazza di sfuggita, ma non mi ricordo la prima volta che ci siamo presentati.

Ricordo ogni particolare della mia discussione di maturità, ma ho dimenticato qualsiasi istante passato a redarre la mia tesi di laurea triennale.

Ogni istante vissuto viene registrato nella nostra mente, ma riusciamo a ricordare solo un insieme limitato e selezionatissimo di questi. Non mi è mai stato chiaro quale sia il criterio, quale sia la regola che fa si che le nostre sinapsi decidano di scattare un’istantanea di un episodio apparentemente insignificante lasciando scorrere in un film sfocato tutto il resto.

Ogni giorno posso decidere di fermarmi e consultare l’album fotografico, ma non posso sedermi comodamente su una poltrona per godermi il film dai frame sfocati.

Mi piace pensare che la parte delle mie esperienze che maggiormente contribuisce a creare quello che sono oggi e che sarò domani sia nascosta nella mia testa e non vi possa accedere neanche io.
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(Gianca)
 

19 gen 2011

- Interrail #6 -

 Capitolo Sesto:
Let the Show Begin
 


Mercoledì 13 Luglio 2005. 
Sveglia ore 7.30. 
Manca un giorno alla partenza.
Manca un’ora e mezza al mio orale.

Faccio colazione. Devo dare ancora un’occhiata a fisica. Non posso presentarmi sapendo solo l’argomento a scelta. E forse sarebbe meglio ripassare anche latino, inglese, gli ultimi argomenti di italiano… Chi se ne frega. Inizio a fare lo zaino. Ci infilo dei libri a caso, le poche  copie della tesina che mi sono rimaste per darle ai miei amici che verranno a sentire. Saranno tanti?

Contrariamente a molti, speravo che l’aula fosse piena. Che ci fosse casino. Però l’orario era  decisamente proibitivo. Mio fratello non poteva venire, dopo l’incidente di tre giorni prima doveva andare all’ospedale per un controllo. Vado in cucina. Apro il frigorifero. La bottiglia di spumante.
Assolutamente essenziale. 


Esco di casa. Accendo il mio Leo 125. Lui non mi tradisce. All’uscita del  box, inizio a canticchiare dentro di me una canzone. Molto probabilmente Alive dei Pearl Jam. O forse Reach for the Sky dei Social Distortion? Entrambe direi. Primo semaforo. Sto ancora canticchiando.“Oh, I, oh, I’m still alive” E dopo? Bisogna fare ancora un casino di cose. Decidere per la macchina. Il modulo E111. Comprare gli zaini. Sono sotto casa di Mike. Quel parassita vuole un passaggio anche oggi. Beh… almeno uno sarà presente fin dall’inizio. Ovviamente sono in ritardo. Anche lui è in ritardo, quindi io arrivo davanti al portone nel momento esatto in cui lui sta uscendo. “Sei pronto, Eddie?” “Sì, certo. Lo spumante è nello zaino”. 

When I was young I was invincible, I find myself now thinking twice”. E la tesina? Non l’ho mai ripetuta ad alta voce. Riuscirò a non mangiarmi le parole? E, soprattutto, riuscirò a parlare per venti minuti?. Mah…penso che improvviserò. “Don’t think about no future, it’s just the roll of the dice”. Parcheggio dentro il cancello della scuola nei posti riservati ai professori. Tanto ormai sono quasi tutti in vacanza e, in ogni caso, sarà l'ultima volta che parcheggio in questo edificio. “So if you please take this moment, try if you can make it last.” Sto salendo le scale. Speriamo che di filosofia mi chieda Wittgenstein. E scienze? Mi conviene geologia o astronomia? Non lo so. Ma tanto non scelgo io. “Don’t think about no future and just forget about the past… and make it last.“ Saluto con un cenno i pochi, per ora, presenti. Persone particolarmente mattiniere o che dovevano essere interrogate dopo di me. Entro in classe. Mi siedo. “Oh, I, oh, I’m still alive.” Tra poco più di un’ora sarà tutto finito…

E’ stato un esame unico e memorabile… Alcuni colpi di genio su domande impossibili. Giri di
parole e chiari tentativi di arrampicarsi sugli specchi su domande molto più semplici. Specie quando per farmi un favore mi hanno chiesto un argomento che, a rigor di logica, doveva esserci per forza nella mia tesina, ma io non ce lo avevo messo perché era troppo banale. Così ho dovuto inventare, per di più in inglese. Insospettabile freddezza nel rispondere a una domanda “ma questo non era nel programma d’esame”. Inesauribile fortuna perché mi ha chiesto Wittgenstein. Ogni anno nel breve spazio di un'orale si condensano la vita e la morte per moltissimi studenti. Chi si gioca la promozione. Chi si gioca il 100. Chi, come me, non si gioca assolutamente niente. Per tutti è la maturità. Un esame unico e memorabile per me, ma tutto sommato ampiamente nella media.
 (Roberto)

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01 - Reach For The Sky by Organic Surf


17 gen 2011

- Napoli -



Napoli è una bella abbuffata di mozzarella campana
Napoli è il ragazzo all'ingresso del chiostro di Santa Chiara che fa entrare l'82enne senza farlo pagare perchè è anche lui un pezzo di storia
Napoli è la festa per la fine della scuola come si fosse in un paesello
Napoli è i tre in motorino che suonano il clacson alla macchina che sta percorrendo la via in retromarcia
Napoli è il Castel Novo e piazza del Plebiscito... e anche il Vesuvio che si riposa ma nel frattempo ti osserva...
Napoli è la signora che dice che Berlusconi ha risolto il problema della spazzatura nonostante i cassonetti siano stracolmi e le strade piene di cartacce svolazzanti
Napoli è l'enorme margherita "da Michele"
Napoli è il tassista che applica la tariffa fissa per farti spendere meno ma che continua ad aumentarla durante tutto il tragitto
Napoli è mare
Napoli è sole
Napoli è disordine... ma anche spensieratezza
Napoli è caos... ma anche, e soprattutto, bellezza.
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15 gen 2011

- Non è un paese per vecchi -



Titolo originale: No country for old men
Nazione: Stati Uniti
Anno: 2007
Genere: Avventura, Thriller
Durata: 122'
Regia: Ethan Coen, Joel Coen 
Cast: Javier Bardem, Josh Blaylock, Rodger Boyce, Josh Brolin, Garret Dillahunt, Beth Grant, Woody Harrelson, Tommy Lee Jones, Josh Meyer, Kelly Macdonald, Barry Corbin
Produzione: Paramount Classics, Paramount Vantage, Miramax Films, Scott Rudin Productions




"Te lo stai giocando da quando sei nato, solo che non lo sapevi..."

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14 gen 2011

- L’odore dei libri -



Marrone scuro e luce fioca, aria ferma che insieme al tempo non ha mai permesso alle lancette di muoversi. Una porta che scricchiola all’apertura e il mio rispettoso imbarazzo nel violare un tempio del sapere, del sogno, dell’immaginazione che non mi appartengono. Ovunque nel mondo e a qualunque epoca risalgano le raccolte, da spettatrice in una biblioteca, in una libreria viva di storia, ho dinnanzi, nella sua unicità, sempre la stessa magia, poesia. Gli scaffali, uno sull’altro, separano pagine e pagine di storie e racconti, che solo il tatto permette al lettore di dar loro un’anima. Copertine di ogni colore e forma custodiscono l’odore delle pagine stampate. Un odore vivo, profondo, avvolgente e misterioso. Un odore che accompagna un’emozione. Sfogliare un libro e svelarne i segreti, le dita sulle pagine e quel crescente bisogno di accoglierne il messaggio. Scegliere un libro è un po’ come innamorarsi, posare i sentimenti di quel momento in qualcosa di già vissuto e lasciarsi trasportare da un’inspiegabile attrazione. Ed è così che in quell’immensità ne tolgo uno dall’insieme, lo prendo, lo tocco e ne sfioro le pagine. A volte si instaura un legame che la lettura non delude, altre solo un abbaglio. Sempre minuti pieni.

Uscendo, schermi di ogni dimensione attirano la mia attenzione senza che io possa respingerne la curiosità. Accattivanti e sofisticati, veloci, non posso prescindere dalla mia società. Accolgo la consapevolezza che il progresso è inesorabile, ma non permetterò che la mia piccola libreria si nasconda dietro un vetro virtuale. Voglio continuare a sentire l’odore dei libri ed il calore delle loro pagine. Vorrei che i figli dei nostri figli si meravigliassero e si perdessero tra le file infinite di libri in una vecchia biblioteca.
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(Francesca)


13 gen 2011

- Interrail #5 -

Capitolo Quinto:
Irons



Si può andare in cinque in una vacanza del genere? No. E se il quinto è Irons? Appunto. Sia chiaro che lo chiamo freddamente per cognome solo perché conosco troppa gente il cui diminutivo è Dave e mi confonderei da morire. Del resto anche Jeff è un diminutivo del cognome. Ci sono molti che lo chiamano Geoffrey, ma il suo vero nome è Micheal. E allora si confonderebbe con Mike. Quindi, per semplicità, Mike è Mike, Jeff è Jeff e… Irons è Irons.

E' tutta colpa di Jeff se è venuto anche Irons. E pure un po’ colpa mia. Perché nemmeno io so dire di no. Irons sa scegliere. E aveva capito subito la sostanziale differenza tra le due vacanze che gli si prospettavano. Però non c’era buon sangue tra lui e Mike. Aveva conosciuto Stone in una serata in cui era stato vittima di uno scherzo magistrale e non aveva fatto una bella impressione. E io… beh… io sono il principale responsabile di quello scherzo. Irons avrebbe quindi scelto di passare l’estate della maturità da tutt'altra parte, se non ci fosse stato Jeff. Irons disse “Se tu vai con loro, vengo anch’io”. 

Sì, Jeff aveva abbastanza potere per spostare l’ago della bilancia. 

Chi decide? Jeff non sa scegliere. Stone si astiene. Mike dice no. A chi tocca il giudizio finale?
A me. Non potevamo assolutamente rinunciare a Jeff e non me la sentivo di dire di no. Perché in fondo avevo condiviso molto anche con Irons. Perché non ho assolutamente nulla contro di lui.
Perché è simpatico e fa gruppo. Solo a volte tende a rendersi facile vittima di prese in giro e a prendersela più del dovuto. 

E soprattutto avevo una paura fottuta che fossimo in troppi e che gli equilibri si sarebbero rotti presto, visti i precedenti.

Comunque avevo una possibilità: sapevo perfettamente cosa voleva lui da quella vacanza. Bastava convincerlo che tutti noi volevamo fare il contrario, anche se non era vero. Un po’ come quando cercano di venderti un bidone a un prezzo più alto di quello che vale, però al contrario. Io avevo una fiammeggiante Ferrari e dovevo fargliela passare per una Seicento gialla.

Dave, ma sei proprio sicuro di voler venire con noi? Noi abbiamo una precisa idea della vacanza e non so se anche tu… per esempio… tu vorrai essere ubriaco tutte le sere?” “Certo! Se no come facciamo a beccare?”. “Ecco… vedi… un colpo costa cinque euro e, ammesso che basti, moltiplicato per venti serate fa tantissimo. Non possiamo permetterci di spendere tutti quei soldi.” “Ma come? Adesso mi dici che bisogna risparmiare? Anche voi vorrete divertirvi immagino… ci andremo in discoteca, no?”.

Dovete sapere che Irons è un metallaro convinto. Però come tutti i ragazzi, sa che rimorchiare in discoteca è molto più semplice che a un concerto degli Iron Maiden. E come tutti, è molto più simpatico e disinibito da sbronzo.

Ecco, appunto. Vedi… lo sai che a me non piacciono le discoteche, quindi credo che non ci andremo quasi mai… inoltre è probabile che passeremo molte notti viaggiando in treno. Oppure dormendo alle stazioni. Sai… noi vogliamo prevalentemente visitare le città, i posti… ah! A proposito… nel programma di viaggio Barcellona è in fondo perché è troppo lontana da tutto il resto, anzi forse non ci andremo neanche…” 

Quella di Barcellona, suo sogno da sempre, e del dormire nelle stazioni erano esche troppo grosse perché il mio pesciolino non abboccasse. Lui è un calciatore, quindi una fighetta, e non è in grado di sopportare l’idea di dormire all’aperto in qualche stazione. Un tipo a cui piace da matti il proprio letto caldo. “Ma come? Niente Barcellona? No, non va bene. Qui stiamo cambiando le carte in tavola… Ma io voglio solo divertirmi… Come è possibile che un ragazzo di quasi vent’anni non pensi a divertirsi, ma a fare barbonaggio per le strade?”. 

Avevo proprio colpito nel segno.“Carte in tavola non ce ne sono mai state, e poi io sono l’unico che si sta sbattendo a cercare soluzioni con tutto quello che abbiamo da fare per l'esame. Sto solo valutando tutte le possibilità.” “Possibile che tu non capisci, Ed? La mia teoria è semplice: alcool più discoteca uguale figa. Basta che tu mi dica che ci siano quelle. Non voglio certo trovarmi in un campeggio in Sardegna a giocare a carte con i nostri altri compagni di classe!” “Appunto. Io non ti posso affatto assicurare che le cose saranno così. Meglio che tu lo sappia ora, piuttosto che a Madrid.”

Non che io non volessi divertirmi o non volessi ragazze, anzi. Lo so che è scorretto e che forse sarei stato meno stronzo a dirgli di no. Però le cose che gli dicevo non erano del tutto false. Barcellona e Lisbona sono troppo distanti. Era impensabile riuscire a visitare entrambe. 
Io odio le discoteche. 
Le discoteche costano. 
Ubriacarsi costa.
I soldi non bastano mai.

Anche se sembrava fatta, non ha funzionato.
Lui è venuto. E... da qui comincia la storia.
Mi sembrava però doveroso rendere note tutte le premesse.
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(Roberto) 
Queen - Barcelona by Zanes


12 gen 2011

- Giordania -

(Simmetrie, Giordania 2010, Gloria)

Quest'anno abbiamo deciso di passare un capodanno un po' insolito...siamo partiti in 7..destinazione Giordania.
10 giorni, non un viaggio lunghissimo..
Al ritorno, come sempre, tante domande..
Come è stato il viaggio? Allora questa Giordania com è?

La verità è che non ho un'unica risposta...piuttosto una serie di immagini e sensazioni che come frammenti sparsi mi tornano in mente..

lo spaesamento di un arrivo in piena notte in un posto sconosciuto...
lo stupore osservando da un taxi a tutta velocità una città risvegliarsi all'alba..
profili controluce che fanno da sfondo ad una danza di gabbiani..sovrani incontrastati di un cielo dai mille colori..
la sensazione del sale sulla pelle...
l'odore di tabacco alla mela....
gli occhi grandi e intensi di una ragazza dallo sguardo triste...
il sorriso disarmante di una bambina davanti ad una caramellina allo zucchero..
i colori caldi di un deserto dagli spazi sconfinati..
la soddisfazione arrivati in cima ad una roccia in mezzo al nulla..
la felicità al suono di parole familiari ma lontane....
un cielo con cosi tante stelle da sembrare irreale...

questa è la Giordania...o almeno questo è stata per me...
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(Gloria) 


11 gen 2011

- Jordan & Jerusalem #1-


(Chiesa d'Etiopia - Jerusalem, 2010 - Giancarlo)
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10 gen 2011

- Welcome back, coach -


Nel 1987 io avevo appena un anno.
Dan Peterson ne aveva 51… e quell’anno vinse tutto quello che si poteva vincere: campionato italiano, coppa Italia e coppa dei campioni.
Triplete si direbbe oggi.

Con quel triplo sigillo decise di chiudere (o almeno così si pensava) la propria carriera da allenatore di pallacanestro… uno dei migliori che si siano mai visti in Italia.

23 anni dopo, coach Peterson ha deciso di tornare sulla panchina della sua Milano. E lo ha fatto con una naturalezza sconcertante. Senza pensarci su.
Il presidente Proli lo ha chiamato. Si sono visti a pranzo. Uno ha offerto. L’altro ha accettato. Come se quei 23 anni non fossero passati.

In realtà sono passati e bisogna riconoscere che entrambi (uno ad offrire, l’altro ad accettare) hanno avuto coraggio.

Mi piace pensare che questa storia sia bella così. Ma, ahimè, nello sport (come in qualsiasi altro lavoro) i risultati avranno il loro peso.
Speriamo diano ragione a questo grande, e anche un po’ romantico, ritorno.

Bentornato, coach. Buona fortuna!
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7 gen 2011

- Venerdi' -


Quando ancora ero studente ;-) Ora potrebbe essere di Sabato o Domenica!
Mi piace il venerdì perché è l'unico giorno della settimana in cui mi fermo per qualche ora.
Stacco il cellulare, chiudo il computer...e mi siedo al mio tavolino blu, vicino al termosifone e alla finestra.
Apro l'agenda e mi pongo la domanda: cosa è cambiato nell'ultima frenetica settimana?
Provo a far convergere tutto ciò che mi è accaduto in poche macro-classi di pensiero, in modo da farle evolvere... le macro-classi... da farle crescere con me...
In altre parole, provo a razionalizzare e a sintetizzare le esperienze che ho vissuto e i dialoghi che ho intrattenuto - e che mi hanno intrattenuto - in pochi punti che segnino l'evoluzione del mio pensiero - e dunque mia - nella settimana trascorsa.

Mi piace fermarmi...
Mi piace fermarmi a riflettere...
Mi piace fermarmi a riflettere sulla mia vita e su chi sono!

Eppure quando mi fermo, dal retro della mia mente (inglesismo), un inaspettato ospite fa la sua scomoda comparsa.
E' la paura. Non una paura imminente e in atto ma una paura velata e in potenza. E' lì, in agguato, pronta a prendere il sopravvento non appena abbassi anche di poco la guardia.



Una cosa non mi è ancora chiara. Paura di che?
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5 gen 2011

- New Generation -

(Skateboarder - L.A. 2009 - Filippo)


Siamo nati negli anni 80, giusto in tempo per perderci gli anni più interessanti e floridi della storia dell’umanità. Abbiamo inconsapevolmente barattato gli anni della libertà, dell’amore libero, del rock 'n roll, delle manifestazioni, dei veri ideali, della fiducia nell’uomo con facebook, Lady Gaga e Barbara D’Urso.
Abbiamo vissuto il tramonto dell’età dell’oro per ritrovarci nell’età delle perenni crisi. (Cristo da quando sono nato c’è sempre sta cazzo di crisi!!)

La nostra generazione è così sfigata che non ha nemmeno un nome. Gli hanno affibbiato il titolo di generazione 1000 euro per descrivere le grandi speranze insite in noi neolaureati. Per motivarci meglio, avrebbero potuto chiamarla anche generazione senza-pensione, generazione tu-la-casa-non-te-la-puoi-comprare-barbone o generazione bimbominkia (i bimbominkia sono quelli che nn utlzzn le vcl ngl sms o che credono che i Tokyo Hotel siano all’apice dell’evoluzione musicale).

Purtroppo non sapevamo quello che avremmo perso, finché non l’abbiamo davvero perso. E di tutto quel  lontano paradiso atavico non ci rimane che qualche tiepida rimembranza assopita.
 
Non avevamo l’Iphone, lo smartphone o un cazzutissimo phone, quindi monopolizzavamo il telefono di casa per parlare con gli amici del cuore.  Siamo stati gli ultimi ad utilizzare i gettoni e le schede telofoniche. Guardavamo  tutti i cartoni di Bim Bum Bam e ancora ci stiamo chiedendo come facesse Puffetta a soddisfare l’intero villaggio dei Puffi. Barbie non si truccava da mignotta ed era fidanzata con Ken. 

Siamo l'ultima generazione che ha giocato con le biglie, al lupo, a un-due-tre-stella, che ha creato abusi edilizi con i mattoncini del Lego  o che si è emozionata nel produrre bolle colorate con il Crystal Ball; allo stesso tempo siamo i primi ad aver giocato coi videogiochi (rigorosamente in 2d) sulle prime mitiche consolle. 

Andavamo a scuola con cartelle dell’Invicta che raggiungevano il peso di Moira Orfei e magari ce la tiravamo con i nostri compagni per il nuovo Discman Sony con sistema antishock incorporato. Peccato che dentro girasse il cd dei Five, delle Pornoriviste o di Gigi D’Ag (ora si capiscono molte cose no?).


Siamo stati fortunati perché a differenza dei pivelli brufolosi del giorno d’oggi la nostra vita era fuori dalla nostra camera e dalla nostra casa. Là fuori c’era la libertà!. Gli amici erano  5 non 762 ed erano in piazzetta ad aspettarti e non “online”. La felicità era sudare al parchetto tirando i calci ad un pallone, e non stare a casa a giocare come un ebete a Iss Pro. Le ragazze si baciavano giocando a bottiglia o nelle gite di classe e non si flirtava in chat con :D ;) XD o <3


Sono cambiate un sacco di cose.

Ma fortunatamente la nostra generazione sfigati-sì-ma-non-troppo potrà raccontare ai nostri increduli nipoti che, in un passato non troppo remoto, i ragazzi erano in grado di divertirsi anche senza un pc, un mouse e una connessione a internet. kriticadellaragione.blogspot.com

(Pippo)

(Colonna sonora in ricordo della prima squinzia delle medie) 

Pornoriviste - Come piace a me by Un Kritico