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10 mar 2013

- Senza titolo -


Diciassette anni. Una vita tutta da vivere ma un peso sul cuore tale da decidere di farla finita. Lanciandosi nel nulla, forse con il desiderio di volare via. Lasciando un vuoto immenso nella sua famiglia, nei suoi amici e coetanei e nella citta’ stessa.

Non ho mai capito se si tratti di un atto di estremo coraggio o di estrema fragilita’. E forse non lo voglio nemmeno capire. E forse non ha nessuna importanza.

E’ difficile rimanere indifferenti di fronte a un gesto cosi’ estremo. Difficile e’ non porsi domande, non fermarsi a riflettere. Tre sono i pensieri che questa triste storia mi porta alla mente.

La vita e’ un dono meraviglioso. Ed e’ un dono che noi rinovviamo ogni secondo portandola avanti, abbracciando e immergendoci nelle gioie e nelle sfide, negli ostacoli e nelle opportunita’ che ogni giorno ci tocca affrontare. ‘La vita e’ troppo breve per bere vini mediocri’ era lo screen sever del computer di mia sorella quando io avevo l’eta di Mirko. Quella frase(che scopro oggi essere stata scritta da Goethe) mi ha insegnato molto. La vita e’ un dono meraviglioso. Apprezziamone ogni secondo che ci viene regalato e che ci regaliamo.

L’uomo e’ un animale strano. Difficile da leggere e da comprendere. E a volte coloro che ci sembrano i piu’ forti e invincibili sono in realta’ i piu’ fragili e vulnerabili (non e’ forse questa la caratteristica piu’ tipica dell’adolescenza?). Anche su una persona ci sembra forte, non esitiamo ad allungargli una mano quando solo ci sfiora il dubbio che possa averne bisogno.

La rete (e in questo caso particolare facebook) non e’ astrazione ma vita assolutamente reale. Con e attraverso di essa comunichiamo con il resto del mondo. Comunichiamo chi siamo e chi vorremmo essere, le nostre gioie e le nostre pene. Comunichiamo al mondo. E il mondo ci ascolta. A volte ci applaude, altre ci strida. A volte ci aiuta… altre non arriva in tempo.

20 feb 2013

- iVote -



Questa volta no.
Non venitemi a dire che non sapete per chi voterete. O addirittura che non voterete. Perche’ tutte le alternative sono uno schifo. Perche’ la politica e’ tutta uno schifo.

Questa volta la scelta c’e’. Ed e’ ampissima.

C’e’ il solito venditore e cabarettista bollito ma mai mai domo, che ancora oggi (meglio di chiunque altro?), riesce ad incantare e imbambolare una parte del paese nonostante 20 anni di promesse non mantetute. Leader forte e mai in discussione dai suoi, e questa e’ la sua forza ma forse anche la sua debolezza.

C’e’ il professore, forse il piu’ preparato di tutti, che salendo in politica ha rinunciato a un’elezione al Quirinale quasi certa (anche se di certo in questi ambienti c’e’ ben poco, ma Ciampi aveva avuto un percoso identico), dimostrando il coraggio di cimentarsi in un ambito che non e’ forse quello a lui piu’ congeniale (il confronto con le masse). Critica legittima gli viene avanzata sull’essersi associato alla premiata ditta dei morti viventi che sono Casini e Fini. Ma nessuno e’ perfetto.

C’e’ il partito che ha guidato l’innovazione della politica in Italia negli ultimi anni. Che crede prima di tutto e piu’ di tutti nel dialogo che a volte viene presentato, per necessita’ di cronaca, come scontro o litigio. Che a volte magari e’ anche scontro e litigio, ma questo non e’ necessariamente negativo. E’ guidato da Bersani e non da Renzi, ma cosi’ hanno deciso i suoi elettori. E soprattutto con Bersani c’e’ anche Renzi con le sue idee e le sue battaglie. (Ma poi cosa vi ha fatto di male sto povero Bersani?)

C’e’ il movimento che ha cavalcato l’onda dell’antipolitica. Partito da un blog e guidato da un comico ma che e’ sceso nelle piazze ed e’ cresciuto nel tempo. Questa e’ la sua prova piu’ difficile. Gli elettori gli daranno fiducia e gli eletti dovranno dimostrare che fare le cose in modo diverso e’ possibile. Mi spiacerebbe fallissero per tutte le persone che ci hanno creduto.

C’e’ Oscar Giannino. O forse c’era. Ma perche’ una persona anche autorevole che ha come titolo di studio un diploma deve millantare 2 lauree e un master a Chicago? Archiviato lui, teniamo pero’ come buono il suo movimento che vanta persone preparate e anche con spirito (una oggi ha girato con la sua laurea in architettura per far vedere che la sua era vera).
E poi c’e’ Ingroia. Lui non l’ho seguito piu’ di tanto. Un nuovo Di Pietro? Non ce ne bastava uno?

La scelta c’e’. Ed e’ ampissima.
Non fare il pigro. Domenica e Lunedi’ vai a votare. La differenza la puoi fare!

20 mag 2011

- H2O, le implicazioni -


·   

     Riprendiamo da dove ci siamo lasciati ieri:
     
      - Se vince il si, nessuno impedirà ad un AATO di organizzare una gara per l’affidamento del servizio idrico e che a vincerla sia un privato o a una società mista.  
·          -  Se vince il no, nessuno impedirà ad una società a capitale pubblico di partecipare alla gara e di vincerla se lo merita.  

La legge attuale infatti vuole solamente favorire una maggior partecipazione di soggetti con vocazione industriale, nel tentativo di portare a termine il cammino verso una maggior industrializzazione del servizio idrico iniziata nel 1994 con la Legge Galli. Da notare che il Decreto Ronchi presenta le stesse caratteristiche di un ddl proposto dal Ministro Lanzillotta nel 2006 sotto il governo di Prodi e sostenuto da gran parte del centro-sinistra (motivo per cui oggi Bersani o chi per lui del PD non può presentarsi in tv per dire alcunché); ma soprattutto la questione è questa: tale decreto ha una portata che è stata esagerata all’infinito da una propaganda, portata avanti soprattutto dalla sinistra più radicale, che almeno per una volta è stata più efficace di quella di destra.
ATTENZIONE: se, come si sente dire, alla porta ci fossero le grandi multi-nazionali e i privati pronti ad “assetarci”, essi dalla porta ci sarebbero già entrati da tempo: ad oggi ci sono già tutte le condizioni affinchè i privati e le multi-nazionali conquistino il mercato dei servizi idrici italiani. Peccato però che su 114 affidamenti, solo 5 siano in mano privata e la maggior parte delle gare vadano deserte per mancanza di contendenti. Come mai? Ciò avviene poichè l’acqua è un business che non rende, perchè i rischi in capo ai soggetti privati sono troppo elevati, perché lo stato delle nostre infrastrutture è penoso e nessuno si vuole imbarcare in operazioni titaniche di investimento che porterebbero all’aumento delle bollette e alla sollevazione popolare. E non sarà certo il misero Decreto Ronchi a consegnare l’acqua nelle mani loro.
Ma ad una cosa dobbiamo rassegnarci: una certa partecipazione dei privati c’era, c’è e ci sarà. Sia a causa di competenze tecnico-manageriali in mano alle società, sia per ragioni economico-finanziarie. Questo perché lo stato delle infrastrutture è pauroso, la rete perde in media circa il 40% dell’acqua che viene immessa e l’importo degli investimenti stimato per i prossimi 30 anni è di 65 miliardi di euro (dati Co.N.Vi.Ri e Anea-Utilitatis). E chi paga? Risposta: noi. Ah già perché mi son dimenticato di dirvi: qua si parla di privatizzazione dell’acqua, che l’acqua è un diritto ed è un bene pubblico etc. ed è tutto vero. Ma l’acqua come bene comune ce la beviamo in montagna alla fonte, mentre per farla arrivare al rubinetto di casa servono tubature, depuratori e poi impianti di smaltimento e fognatura. E bisogna mantenerli. E chi deve sborsare i soldi?Risposta: noi!
“Noooo!!” mi direte, “io non voglio che le bollette aumentino!” e bla bla bla”. Bene, chi paga allora? Perchè il punto fondamentale è proprio qui, non siamo disposti a sborsare una lira nè ad assumerci il dovere (si, si parla anche di dovere e non solo di diritto) di contribuire affinchè venga assicurato per il futuro un servizio idrico di qualità a chi verrà dopo di noi. O vogliamo continuare a pretendere un servizio di qualità gratis e a trovarci con dei buchi così nei tubi nei prossimi anni?
Troppo spesso il pubblico rinuncia a compiere gli investimenti necessari per ragioni di consenso elettorale e troppo spesso il privato fa il furbetto pensando al suo tornaconto. Ma troppo spesso noi non siamo pronti a far fronte ad un aumento delle tariffe, che pur in Italia sono tra le basse in Europa, e siamo pronti a gettar la croce a chi si impegna a investire e a dover inevitabilmente accrescere le tariffe.

In definitiva il decreto Ronchi non tocca le criticità salienti del nostro sistema e non imporrà alcun cambiamento significativo. Ma i promotori del referendum, contestando la consegna al mercato dei servizi idrici, dovrebbero spiegare qual è l’alternativa che si propone: si vuole tornare ad una gestione pubblica locale? Con quali fondi e quali competenze? Non si tratta più di tirare fuori l’acqua dal pozzo e di portarla dentro casa in un secchio come una volta.
Oppure si vuole statalizzare il tutto, come ormai solo Chavez nel mondo fa?E comunque di nuovo: con quali soldi con il nostro bel debito pubblico?
Tutti gli esperti del settore (Massarutto, Drusiani, Boitani, Scarpa) propongono che a fianco di una maggior industrializzazione del settore, attraverso un più esteso ricorso al mercato, si affianchi un forte ruolo di controllo e regolazione da parte delle autorità pubbliche ovvero: la creazione di un’autorità di regolazione indipendente che controlli che ad un aumento tariffario corrisponda un aumento della qualità del servizio, il miglioramento del sistema tariffario affinchè sia più efficiente, equo ed incentivante alla riduzione degli sprechi, così come schemi di allocazione dei rischi che incentivino le società di capitali ad intervenire nel settore e a metterci i soldi. Chissà perché però, la politica non prende in considerazione tali questioni che da anni sono sul tavolo e preferisce concentrarsi sulla forma della gestione più che sugli interventi di sostanza.

Io andrò a votare, convinto che comunque si debba, ma dico: attenzione a non farci imbambolare dalla campagna elettorale che ha ingigantito la portata di questo referendum, il quale vuole abrogare una legge che dice molto poco e vuole abrogarne un’altra con conseguenze che sarebbero nefaste per il settore.
Io voterò scheda bianca.
(Pietro)

19 mag 2011

- H2O, i quesiti -


Il 12 e 13 Giugno saranno i giorni del referendum: andremo a votare (si, ci andremo!) anche per l’abrogazione di due disposizioni di legge che riguardano quella conosciuta come “privatizzazione dell’acqua”. Parto con due affermazioni, tanto per far capire il taglio di questo mio intervento:
a)     -  io personalmente sono contro la privatizzazione dell’acqua;
b)    -  questo referendum non è contro la privatizzazione dell’acqua, bensì sostanzialmente contro nulla.
Esaminiamo separatamente i due quesiti oggetto di referendum:
Il primo quesito  “Modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. Abrogazione” recita «Volete voi che sia abrogato l'art. 23 bis (Servizi pubblici locali di rilevanza economica) del decreto legge 25 giugno 2008 n.112 "Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria" convertito, con modificazioni, in legge 6 agosto 2008, n.133, come modificato dall'art.30, comma 26 della legge 23 luglio 2009, n.99 recante "Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia" e dall'art.15 del decreto legge 25 settembre 2009, n.135, recante "Disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e per l'esecuzione di sentenze della corte di giustizia della Comunità europea" convertito, con modificazioni, in legge 20 novembre 2009, n.166, nel testo risultante a seguito della sentenza n.325 del 2010 della Corte costituzionale?»
Risposta? BOH!
Facciamo ordine. Oggi il servizio idrico in Italia è organizzato in questo modo: sul territorio nazionale sono costituite 92 ATO (Ambiti Territoriali Ottimali), guidate dalle Autorità d’Ambito Territoriali Ottimali (AATO), le quali sono composte dai rappresentanti degli enti locali dell’ATO di riferimento. Ad esempio in Piemonte abbiamo 6 ATO, mentre in Puglia, Sardegna e Valle d’Aosta vi è un unico ATO regionale. Le AATO sono responsabili dell’affidamento del servizio idrico ad un operatore o gestore. L’articolo 23 bis o Decreto Ronchi, che il referendum si propone di abrogare, tratta delle modalità di affidamento. Quali sono oggi queste? In ogni ATO il servizio viene affidato ad un unico gestore (anche se poi in realtà non è così) tramite gara pubblica (sostanzialmente un’asta) oppure tramite affidamento diretto a un soggetto pubblico. Questa seconda modalità, conosciuta come affidamento in house funziona pressappoco così: io ente locale affido in via diretta la gestione del servizio nella mia area al gestore Mattia Tarizzo, perché è mio amico, perché lo conosco, perché so che non aumenterà le tariffe etc.; tale modalità di affidamento va contro i principi comunitari in materia di concorrenza e appalti, ma l’Unione Europea ha lasciato un margine di tolleranza: ovviamente il margine in Italia si è trasformato in voragine, tanto che il 50% degli affidamenti oggi avviene tramite questa modalità. La legge che si vuole abrogare vuole colpire gli affidamenti in house e dice: tutte le concessioni devono essere effettuate tramite gara, gara a cui possono partecipare solo società per azioni. Ecco qua la contestata imposizione della privatizzazione. Attenzione però: alla gara possono partecipare s.p.a. a capitale pubblico (esempio la SMAT di Torino), s.p.a. a capitale privato o società miste. Per tale motivo, più che di consegnare il servizio idrico in mano ai privati, mi sembra più giusto parlare di consegna del servizio nelle mani del mercato. Chi vuole aggiudicarsi il servizio, partecipa alla gara e che vinca il migliore, sulla base della qualità e del piano tariffario presentato da ogni pretendente (ci sarebbe da fare un lungo discorso sulla validità di una gara in cui tutto viene deciso a monte). Se Mattia Tarizzo, a cui il servizio è sempre stato consegnato direttamente, si dimostrerà efficiente, egli con tutta probabilità vincerà la gara in quanto un soggetto pubblico parte con un bel vantaggio su uno privato che deve pensare anche al suo tornaconto.
La portata di tale legge è stata diminuita notevolmente con il suo regolamento attuativo : la Lega Nord infatti si è messa di traverso, in quanto la legge “bolla” tutte le gestioni pubbliche dirette, presenti in prevalenza al Nord, come inefficienti e le costringe a “gareggiare” anche quando si sono dimostrate efficienti e perfette; per tale motivo è stata introdotta una classica deroga all’italiana secondo cui viene evitato il ricorso alla gara  in caso di “(…) situazioni eccezionali che, a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento( quali?), non permettono un efficace e utile ricorso al mercato”. Ovvero, ci sono tutti i presupposti affinchè tutto o quasi rimanga come prima.

Il secondo quesito Determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all'adeguata remunerazione del capitale investito. Abrogazione parziale di norma, recita: «Volete voi che sia abrogato il comma 1, dell’art. 154 (Tariffa del servizio idrico integrato) del Decreto Legislativo n. 152 del 3 aprile 2006 “Norme in materia ambientale”, limitatamente alla seguente parte: “dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito”?».
Dunque, oggi nel calcolo della tariffa viene tenuto conto della remunerazione del capitale investito che deve essere corrisposta al gestore ed è garantita e fissata al 7%. “Via profitti dall’acqua..non si fanno profitti con l’acqua etc.”. Giusto, bello. Il referendum si propone dunque di eliminare la remunerazione del capitale dal computo delle bollette. Il servizio dovrà essere dunque gestito non a scopo di lucro. Se si va a vedere il settore gas o elettricità, scoprirete sul sito dell’AEEG che la percentuale di remunerazione del capitale corrisposto per investimenti in tali settori è superiore e varia dal 9 al 12 %.  Però nessuno si lamenta, strano! La portata di un eventuale vittoria di tale quesito referendario è più profonda di quello che sembra: con tali condizioni, nessun impresa sarà mai spinta e incentivata ad investire nel settore e quelle già coinvolte andrebbero facilmente incontro al crack finanziario, conseguenza per cui la fuga dei capitali, che pur servirebbero, sarebbe ancora più consistente di quella attuale. Gli unici soggetti che possono operare senza scopo di lucro (ed eventualmente scaricare gli eventuali debiti sul bilancio pubblico), sono i soggetti pubblici o le vecchie società “municipalizzate”: per finanziarsi però, essendo il capitale proprio limitato, dovrebbero indebitarsi non di poco con le banche, le quali diverrebbero probabilmente le migliori amiche e le azioniste di riferimento. Vogliamo questo? Personalmente, sono convinto che il vero scandalo sia che tale percentuale del 7% sia fissa e garantita e che soprattutto non venga fatta distinzione tra capitale proprio e capitale preso a debito (equity e debt capital secondo la dicitura inglese). Penso anche però che l’abrogazione totale e senza distinzioni proposta dal referendum sia pericolosa e dannosa per il settore.

Ok, qual’ è il succo del discorso dopo questa noiosa pappardella?

·    - Se vince il si, nessuno impedirà ad un AATO di organizzare una gara per l’affidamento del servizio idrico e che a vincerla sia un privato o a una società mista. [Le aste le organizza il soggetto pubblico, ovvero l'AATO: ad oggi l'asta è solo una delle modalità possibili per l'affidamento ed il decreto Ronchi vuole renderla l'unica possibile. Se vince il si, ovvero viene abrogata la legge, la gara tornerebbe ad essere una delle modalità e non l'unica, quindi rimarrebbe possibile per un AATO ricorrere ad essa quando lo voglia. Su questo non si va troppo sul sicuro però, in quanto  il punto oscuro è che, se vincesse il SI, nessuno sa dire quale sia la disposizione di legge a cui si ritorna a ritroso (Testo Unico del 2006, oppure leggi del 2003 o 2002??): è qui io dico: ci spiegate l'alternativa che si propone?]

·     - Se vince il no, nessuno impedirà ad una società a capitale pubblico di partecipare alla gara e di vincerla se lo merita. [Se vincesse il NO, rimane la legge e dunque bisognerà passare attraverso l'asta per forza: ma ad essa ci possono andare anche s.p.a. a capitale interamente pubblico o quasi...sempre una s.p.a. e quindi soggetta alle regole di mercato, però con quote azionarie detenute dagli enti locali .Ed qui io dico: più che di privatizzazione si dovrebbe parlare di ricorso al mercato]

18 mag 2011

- Think Original -



Lunedi' mattina siamo arrivati in ufficio e abbiamo trovato Alessandro...


uno cosi' voi non lo chiamereste almeno per un colloquio?

16 mar 2011

- Nucleare. Un bene o un male per l'Italia? -


Prima di poter esprimere qualsiasi opinione relativa a un argomento che solo egoisticamente oggi posso definire delicato per il nostro paese mi sento in dovere di dedicare il primo paragrafo di questo articolo al popolo giapponese. Credo che prima di riflettere su quello che e' successo l'11 Marzo scorso nel Paese del Sol levante l'essere umano debba semplicemente chiudersi in un silenzio di solidarietà per le vittime della catastrofe e le loro famiglie. Mi considero una persona che vede il lato positivo in tutto e tutti ma oggi è difficile trovare qualcosa di confortante alla vista di immagini che mostrano al mondo come l'uomo sia piccolo nei confronti della natura. Spesso, anzi troppo spesso, tendiamo a considerare tutto quello che siamo, quello che ci circonda, quello che siamo stati e che diventeremo una cosa scontata, dovuta, priva di valore. Ecco, è il momento, ora, di capire che anche a un piccolo gesto, una sfumatura, un impercettibile cambiamento va associato un grande valore, il valore della vita. Vi prego quindi di fermarvi un'istante, un solo istante, prima di tornare alla vostra vita che appunto spesso, anzi troppo spesso, non viene vissuta perchè considerata priva di valore e dedicare il vostro pensiero, dispiacere, sconforto a un popolo che anche in tempo di sciagura si dimostra coraggioso, umile, lavoratore, caparbio, caratteristiche che neanche in tempi di gloria il popolo italiano ha dimostrato di possedere.

Mi è stato chiesto di spiegare il motivo per il quale sono un fermo sostenitore del nucleare. Ci ho pensato tanto, più di quanto ho pensato a quello da scrivere nel primo paragrafo, quelle sono cose che vengono dal cuore e come tali scorrono veloci. Mi sono chiesto in fondo, se sono davvero un sostenitore accanito del nucleare, oppure se sono una persona convinta che il nucleare sia un cosa semplicemente da avere perchè è da stupidi non averla e che invece sia un sostenitore accanito di quello che il nucleare rappresenterebbe, anzi rappresenta e ha rappresentato per il nostro paese.

Il nucleare in l'Italia è necessario...
- L'Italia è l'unico paese industrializzato ad aver bannato il nucleare (pensate che tutti gli altri siano stupidi o noi particolarmente intelligenti?)
- il 73% dell'energia in Italia è coperta da import e non vi sto neanche a spiegare da chi importiamo e quanto sia difficile, delicato, instabile continuare ad importare da tali paesi, ma vi dico che l'unica fonte stabile di import è rappresentata da, udite udite, energia nucleare, proveniente da, udite udite, centrali poste proprio al confine del territorio su cui appoggiamo ogni giorno i nostri bei culetti
- il prezzo dell'energia in Italia è per una famiglia comune di 152 euro al MWh, in Francia di 92 euro al MWh e udite udite: la Francia produce circa il 70% dell'energia nazionale con il nucleare.
- Indovinate cosa rispondono le principali multinazioni quando interrogate sul perchè non investono in Italia... voi penserete mafia, burocrazia, no miei cari... lascio a voi capire cosa manca... (indizio: vedi punto precedente)
- poi ci sarebbe anche la parte relativa all'emissione di CO2 ma parecchi di voi risponderebbero... ah si? e come la mettiamo con le scorie radioattive?... senza sapere che paesi come la Svezia e la Finlandia, dove ricordo vagamente il welfare state funzionare abbastanza bene, hanno chiesto esplicitamente ai paesi nuclearisti di esportare i rifiuti tossici da loro in cambio di denaro perchè trattarli non è affatto difficile.

Il nucleare è pericoloso, ma ad essere generosi una volta ogni 25 anni e non in Europa, non lo sarebbe in Italia (e cmq le centrali ce le avremo sempre e comunque ai nostri confini quindi spero, e dico spero, sia inutile spiegare che poco cambia)...
- le centrali nucleari non resisterebbero solo a una scossa di terremoto pari a quella che ha fatto fuori i dinosauri (è inutile spiegare che in tal caso verosimilmente saremmo fatti fuori anche noi). Quello che ha provocato danni a Fukushima è stato lo tsunami, e badate bene che lo tsunami non ha distrutto o intaccato nulla ma ha fatto fuori i 3 impianti di raffreddamento della centrale. Pensate che nel Mediterraneo uno tsunami sia possibile? Ve lo dico io no. Detto questo si può considerare da folli porre delle centrali in posti soggetti a tsunami ma il Giappone non può fare a meno del nucleare (ma questo è un altro discorso)
- le centrali nucleari sono a prova di attacco terroristico. Le torri gemelle sono crollate? Beh nel caso ci siano attacchi terroristici sperate di trovarvi in un reattore perche' sarebbe l'unica struttura che resisterebbe (allo stesso modo al posto vostro in caso di un terremoto come quello avuto in Giappone pregherei di vivere vicino a una stazione per potermici riparare)
- la nuova tecnologia si basa su sistemi di sicurezza passivi. Per renderla facile sono caratteristiche chimiche e fisiche ad evitare catastrofi e non l'essere umano (in veste Homer Simpson nella mente di molti).

Il nucleare per l'Italia è un'opportunità...
Era il lontano 1987 quando un referendum sanciva inesorabilmente l'immobilismo con cui il nostro paese combatte, anzi non combatte, in questo momento. 1 giovane su 3 è disoccupato, non siamo capaci di avere una maggioranza di governo capace di fare delle riforme, i nostri giovani più talentuosi vanno all'estero, il numero degli iscritti all'università e' in diminuzione e "saliamo in cattedra per parlare di cose che non conosciamo" (cit.). Amo il mio Paese, adoro la nostra, anzi di alcuni, voglia di vivere, ammiro il nostro, anzi di alcuni, modo di affrontare le cose ma provo rabbia per una popolazione, tutta, che non capisce che quando i soldi con cui i nostri nonni hanno riempito, troppo e male, le pance dei loro figli e dei figli dei loro figli finiranno a questo Paese rimarrà solo che ricordare un passato di gloria che, ora che mi ci fate pensare è già da considerarsi passato, e che se rifletto ancora un pò capisco non aver avuto neanche poi così tanta gloria. Il nucleare per me rappresenta la voglia di reagire, la voglia di sfuggire a paure ingiustificate, la voglia di spazzar via quelle scuse che ogni volta troviamo per non affrontare i problemi, la voglia di non essere una nazione, un popolo, un territorio IMMOBILE.


In realtà il mio capo mi giudicherebbe poco esauriente e mi licenzierebbe ma penso che tutto questo possa bastare. Bastare per far si che la nostra mente si apra e che tutti siano disponibili a un confronto. Essere contro il nucleare è possibile, è ammissibile, e può essere anche più giusto che esserne a favore ma prego tutti in questo paese (suona meglio che dire ai lettori di questo blog, i cui autori hanno dimostrato di essere tra quegli alcuni che più volte ho menzionato) di non essere passivi ma di essere proattivi, anzi VIVI.

(Aldo)

15 mar 2011

- Banzai Nucleare -



Come volevasi dimostrare i danni al reattore nucleare Fukushima sono stati sottostimati e sottovaluti. Per la cultura giapponese è infatti disonorevole ammettere una sconfitta o un errore e quindi si poteva supporre che la situazione fosse molto più grave di quello che ci volevano spacciare. 

La Tepco, il gestore dell’impianto giapponese, parla di “inizio di fusione del nucleo”; l’Authority francese per la Sicurezza nucleare  (ASN) ha valutato l’incidente nucleare giapponese come 5 o 6 su una scala che va da 1 a 7 (Chernobyl è stato valutato 7); in questo momento la radioattività a 100 Km da Tokyo è 10 volte superiore alla norma. 
E la situazione mentre scrivo può ancora peggiorare in quanto l’impianto di Fukushima non sembra essere sotto controllo (e infatti è peggiorata ndr). 

Purtroppo o fortunatamente, rivestiamo il ruolo di impotenti spettatori in questa tragedia, ancora allibiti dalla paradossale  compostezza, dall’assoluto rigore e dalla ferrea disciplina con cui questi samurai riescano ad affrontare tale situazione. 

Alla luce di quanto successo, una riflessione sull’uso dell’energia nucleare però parrebbe d’obbligo. O dobbiamo aspettare che Tokyo si tramuti in uno scenario da Ken Shiro per poter dare un’opinione e poter trarre delle conclusioni? 

La crisi giapponese dimostra che non esistono centrali sicure. Possiamo parlare di nucleare moderno e di centrali più sicure che altre. Possiamo dire che una centrale rispetti tutte le rigidissime norme di sicurezza. Ma bisogna essere onesti e dire che non esistono centrali nucleari sicure. Una volta che si precisa questo, si può decidere di accettare il rischio e si può fare la scelta masochista di installarsi una piccola centrale nucleare sul pianerottolo di casa. 

Qualcuno potrebbe però ribadire che in Italia non ci saranno mai terremoti di tale violenza e magnitudo. Ma il punto non è il terremoto, è l’eventualità, la casualità (chi avrebbe mai potuto immaginare che le Torri Gemelle sarebbero cadute per un attacco aereo?), il Destino, il Fato, la legge di Murphy oppure semplicemente il fattore umano, come nel disastro petrolifero del Golfo del Messico, dove non sono state rispettate precise misure di sicurezza per evitare la fuoriuscita di petrolio. E non mi si venga a dire “eh sì ma noi staremo più attenti..” o “si ma è stata sfiga, figurati se ricapita ancora”. 

Però dovete spiegarmi come pretendiamo di costruire una o più centrali nucleari quando non riusciamo a costruire un inceneritore? E poi dove? Se volessimo produrre il 30% dell’energia elettrica con il nucleare, come succede anche in Spagna, Germania e Inghilterra, ci servirebbero 15 – 20 centrali nucleari. In pratica una per regione. (Carlo Rubbia, fisico, 15 febbraio, 2008). Chi cavolo la vuole la centrale nucleare vicino a casa sapendo che i casi di leucemia infantile vicino alle centrali sono il doppio della norma (fonte Greenpeace)? E lo smaltimento delle scorie? Lo diamo in appalto alla Camorra? 

La Germania, oltre ad aver dichiarato di essere intenzionata a chiudere gli stabilimenti più vecchi, riesce a produrre energia solare per un totale di 70 volte quella dell’Italia, anche se teoricamente saremmo noi il Land der Sonne (Paese del Sole). Per avere una centrale nucleare a pieno regime bisogna aspettare almeno una decina d’anni per un costo di circa 4-5 miliardi di euro. Nel frattempo è possibile che si siano fatti passi enormi nello sviluppo delle tecnologie rinnovabili sia in quelle esistenti sia in quelle ancora a livello sperimentale. 

Capisco che si voglia tentare di aumentare la produzione energetica. Ma non sempre il fine giustifica i mezzi e non credo che il nucleare sia il giusto investimento sul lungo periodo. Credo piuttosto che le centrali nucleari facciano parte di un passato, che si tenta in tutti i modi di mantenere vivo per gli enormi interessi economici in ballo. Il futuro non è nei carbon fossili e soprattutto non è nell’uranio (almeno lo spero). 

Con tutto il rispetto ma non voglio che un gruppo di vecchi rincoglioniti scelga per il mio futuro e per quello dei miei figli. E quando parlo di rincoglioniti non mi riferisco solamente ai politici, come si evince da questa dichiarazione, che preferisco non commentare e con la quale vi lascio: 

Chernobyl non sarebbe stata alcun in­cubo se non fosse stato per coloro che hanno scientemente e colpevolmente fatto passare per tale un evento che, an­corché il più disgraziato occorso nel settore di produzione elettronucleare, ne ha dimostrato in modo inequivoca­bile la assoluta sicurezza

(Franco Battaglia,ingegnere e fisico; 15 marzo 2011. Fonte: ilgiornale.it)

(Pippo)

4 mar 2011

- La parola piegata -


(Cambogia, 2010, Mattia)

Siamo noi a cambiare il mondo oppure e’ il mondo a cambiare noi?
Oppure non cambia nulla? Mai.

Nasciamo, cresciamo, amiamo, litighiamo, studiamo, lavoriamo…. se siamo fortunati diamo la vita (DIAMO LA VITA!!!), aiutiamo i nostri piccoli a crescere, li imbocchiamo, coccoliamo, facciamo loro da scudo, cambiamo loro i pannolini….

Passiamo ore a parlare, a leggere, a giocare, a scrivere… ridiamo e piangiamo… invecchiamo, poi un giorno, unica certezza, moriamo….

Eppure, anche se tutto questo ci sembra tanto (e a volte faticoso), fuori non cambia nulla. Mai.

Signori miei, rassegnamoci! “Siamo solo persone normali!” (Come se esistessero delle persone anormali… o paranormali….)

E le persone normali non cambiano il mondo… “il mondo lo cambiano gli altri”…

Un attimo!Non ho capito! Ma cambia o non cambia sto benedetto mondo? A me sembra che un po’ cambi… e che non lo cambino solo gli altri…

Applaudiamo quando Benigni ci ricorda che per realizzare i sogni bisogna svegliarsi, agire…

Diamo ragione a Saviano quando dice che tra l’uomo con la pistola e quello con la biro, il piu’ forte e’ il secondo… perche’ a distruggere non ci vuole molto… mentre costruire, signori miei, e’ difficile… (mamma se e’ difficile!)

Eppure un conto e’ applaudire, dire “ha ragione”… un altro e’ agire… investire passione e tempo perche’ quelle parole non restino “soltanto parole”…

Oppure le parole sono destinate a restare parole? per sempre… i film, film… le canzoni, canzoni…. I libri, libri... un blog, blog?… solo … per sempre…

***

Con occhi, naso, orecchie e bocca possiamo vedere, annusare, ascoltare e gustare il mondo come e’, ora…

Con le mani (ed una penna; o, meno romanticamente, un pc) possiamo scrivere parole che ci raccontano come era (il mondo), in passato, e come potrebbe essere, in futuro… e gettare cosi’ le basi per un cambiamento…

Obiezione: “ma le parole non e' necessario scriverle, si possono anche solo dire con la bocca”

E’ vero. Ma come ben ci insegnano i latini: le parole dette volano, quelle scritte rimangono…
per sempre?

(Mattia)

28 feb 2011

- Fratelli (mediocri) d'Italia -


Formula della mediocrità: (Prob (Tt = St) = (1-Mt)k Definiamo un indice della distanza che separa il talento di un individuo (T) dal suo effettivo successo in ambito lavorativo e sociale (S). La differenza assoluta tra questi due termini rappresenta il grado di inefficienza nell’ allocazione del talento di un individuo. Traducendo queste considerazioni in termini probabilistici, in una società ideale la probabilità che T=S è pari a uno. Quanto più bassa è tale probabilità, tanto più inefficiente sarà la società. La variabile M rappresenta la proporzione di mediocri sul totale degli individui, k >1 è un parametro costante nel tempo, e il pedice t è un generico indice temporale.






















Penso che l’Italia stia affondando sempre più profondamente nella melma oleosa della mediocrità. 

Per carità io sono il primo a definirsi mediocre. Il mio equilibrato allenatore di basket era solito dirmi che ero un fottuto mediocre e con il passare del tempo mi sono affezionato a tale generosa definizione. 


Andò più o meno così:
- Coach: Che cazzo fai coglione?  (bestemmia) 
Se porti un blocco in post basso poi dove devi andare (bestemmia)?

- Io nelle vesti di playmaker scarso: Ma io pensavo… 

- Coach: Ecco appunto .. il tuo problema è che tu pensi. 
Tu non devi pensare (bestemmia). Sei un fottuto mediocre perché pensi. 

(Amen)


Andando oltre questo memorabile flash back, vorrei sottolineare, con un discorso dozzinale e qualunquista, che effettivamente questo Paese trasuda mediocrità. 
Il punto è che mediocrità vuole mediocrità (tipo amore vuole amore di Zarrillo) e porta a mediocrità, in una spirale continua verso un triste declino collettivo. I meccanismi meritocratici sono marci e inefficienti anche perché controllati e gestiti da mediocri. Essi sono consci dei loro limiti per cui divident et imperant come gli antichi romani.

Prendiamo ad esempio il sistema scolastico. 

Il sistema scolastico si sta adeguando lentamente al livello di mediocrità italiana. E’ assurdo e quasi paradossale costatare che è la scuola a doversi adeguare agli studenti e non viceversa. Opportunismo e buonismo aleggiano nei corridoi scolastici: da un lato la consapevolezza che più studenti iscritti significano più finanziamenti pubblici, dall’altro l’umanità e la transigenza dei docenti che sospirano ad alta voce “ma sì tanto è solo un ragazzo”...
E così la scuola, che dovrebbe sfornare l’Eccellenza, tende ad accontentarsi, prendendosi carico di tutto il ciarpame giovanile presente sul mercato e andando inevitabilmente e ingiustamente a rallentare gli elementi più meritevoli.

Ovviamente non è sempre così. Ci sono casi in cui “la docente esige e il preside non transige”. In questi casi comunque non c’è da preoccuparsi! Se infatti il vostro ragazzo rischia di essere bocciato la colpa sarà sicuramente dei docenti che non saranno stati in grado di capire le abilità nascoste di vostro figlio. Quindi cosa aspettate? Cambiate subito istituto ed iscrivetelo ad una bella scuola privata dove sapranno valorizzarne le capacità e le skill$$$.

Sono il primo ad ammettere che è ineccepibile che vi sia il diritto allo studio. Ma non ha senso andare al liceo se poi non si è in grado di affrontare una università. Non ha senso iscriversi a Giurisprudenza o a Scienze Sociali se il mercato del lavoro è saturo di tale figure professionali o se non esiste neanche uno sbocco professionale. Dovrebbe esistere il diritto di negare il diritto allo studio, per il bene della collettività. Un po’ come le leggi di Asimov sulla robotica: la  legge 0 stabilisce che il benessere della collettività vale più del benessere individuale. Il che significherebbe che tu, maledetto studente brufoloso, ci dovresti fare il favore di andarti a studiare cose che la tua mente è in grado di assimilare e di iscriverti ad una facoltà che ti renda uno strumento utile a questo Paese e non uno dei 2 milioni di giovani disoccupati italiani.

L’Italia ha troppi idioti e fin troppi idioti in posizioni che necessitano tutto fuorché menti mediocre.

La televisione è la carta tornasole della mediocrità collettiva. Le aziende producono prodotti che i consumatori comprano  e utilizzano, perché li desiderano. Allo stesso modo i produttori televisivi producono quello che l’audience vuole vedere. Se l’audience vuole tette, culi, cosce, bestemmie, clown, stupidità, liti, parolacce, oscenità, ignoranza becera e altra immondizia, il piccolo produttore televisivo farà di tutto per soddisfare il suo pubblico con format televisivi che garantiscano tali (sub)standard qualitativi. I reality shows e tutta la trash tv non nascono dalla mente malata di qualche folle (cioè anche..), ma dall’analisi dei nostri bisogni insoddisfatti. In economia si chiama “vuoto di mercato”.

E’ terribile ammetterlo ma è così...

Ciò significa che tutta la merda che ci viene sbattuta sul divano via cavo è quello che effettivamente vogliamo. E non perché siamo coprofaghi, ma, peggio, perché siamo (e rimarremo) fottuti mediocri. 
kriticadellaragione.blogspot.com
(Pippo)


26 feb 2011

- Vecchioni ha vinto il festival -




È noto a tutti quello che sta succedendo in Medio Oriente, persino chi ha votato PDL ne è a conoscenza...

Ecco, no, ho già sbagliato, mi ero ripromesso di fare un intervento neutrale, un intervento senza sarcasmo o satira, un intervento che non lasciasse trasparire la mia avversione verso coloro che sostengono che sia eticamente corretto che mio nonno paghi per scoparsi, a turno, ragazze che dovrei scoparmi io.
Ecco, ci sono cascato di nuovo.


Dicevo, chiunque conosce la situazione in medio oriente, qualcuno è ADDIRITTURA a conoscenza del fatto che, i vari capi di stato che pian piano si sentono come Moggi a luglio 2006, erano tutti amici di Silvio; in Libia hanno spaccato tutto, in Egitto hanno spaccato tutto, in Tunisia hanno spaccato tutto, in Iran hanno spaccato tutto.
In Italia Vecchioni ha vinto Sanremo.
Vabbè.


È bello perchè l'italiano si indigna, l'italiano si scopre ideologicamente accanto al popolo, una sorta di ultrà della squadra islamica, l'italiano elogia Travaglio, l'italiano si riempie la bocca di parole come "rivoluzione", l'italiano i suoi politici "li manderebbe tutti a lavorare in miniera".
L'italiano parla parla parla parla...


C'è poi un piccolo staterello islamico, la Palestina...oddio...staterello lo era fino a circa 60 anni fa, poi i lager hanno fallito..
No aspetta, questa era brutta. 


Non voglio passare per l'antisemita, non credo nelle razze e non credo che le persone vadano giudicate secondo le religiorni altrui; c'è però da dire che le posizioni prese dallo stato di Israele mi irritano non poco e che, è un dato storico, da migliaia di anni le civiltà se la prendono con gli ebrei. Ora, mio nonno mi ha sempre detto: "Se una persona ti dà dell'asino, dagli dello stronzo, se un'altra persona ti dà dell'asino tu tiragli un pugno. Se una terza persona ti dà dell'asino fatti delle domande e valuta se sia il caso di comprarti una soma". Prendiamo in considerazione il fatto che, magari, gli ebrei qualche motivo per stare antipatici al mondo ce l'hanno.
Chiusa questa parentesi, dove spero abbiate capito il confine tra ciò che è ironico e ciò che non lo è, continuo il mio discorso. 


In medio oriente c'è uno staterello chiamato Palestina, tempo fa quello staterello era uno stato a tutti gli effetti, poi noi burloni europei ci siamo arrogati il diritto di regalare gran parte di quello stato agli ebrei. I palestinesi avrebbero avuto tutto il diritto di odiarci (nel caso non capiate il perchè avrebbero il diritto di odiarci, siete pregati di scrivermi il vostro indirizzo, domani manderò un paio di persone a vivere nel vostro salotto senza chiedervi permessi o pareri, forse vi si schiariranno le idee...).
I palestinesi però, illuminati da non si sa quale bontà divina, accettarono gli ebrei nel loro territorio, accettarono di dividere il loro stato con gli israeliani, insomma, accettarono che qualcuno di un'altra religione convivesse con loro.
Questo però non andò bene agli ebrei (nel caso che, anche qui, non doveste trovare nulla di assurdo, pregherò coloro che avrò spedito nel vostro salotto di lamentarsi della vostra presenza) che iniziarono ad allargare i loro confini...

 
 


Non mi dilungo nella storia, potete benissimo trovarla su internet, basti sapere che tutto ciò, alla lunga, non andò più bene ai palestinesi e il popolo iniziò a ribellarsi; quello che mi interessa focalizzare è la reazione dell'italiano davanti a questa storia che va avanti da anni.
In palestina succede da decenni quello che sta succedendo ora negli altri stati del Medio Oriente, cambia l'interpretazione dell'italiano: si parla "del popolo egiziano/libico/tunisino" e "dei terroristi palestinesi". Stessi gesti, stesse motivazioni, stesse azioni, solo che viste con due ottiche diverse.
L'italiano è questo, si indigna solo quando gli viene detto di farlo...

"Chi non si muove non può rendersi conto delle proprie catene"


(Ps: l'italiano vuole la rivoluzione "Però quei ragazzi lì, quelli che alle manifestazioni tirano i sassi, quelli sono dei drogati che lo fanno solo per spaccare tutto, andassero a lavorare") 
kriticadellaragione.blogspot.com
(Peg)

Banda Bassotti - Figli della stessa rabbia by Un Kritico


25 feb 2011

- Pagliacci a corte -



Ridi, Pagliaccio,
sul tuo amore infranto!
Ridi del duol, che t'avvelena il cor!


Se non fosse stato per l'avvertimento di un Presidente del Consiglio italiano, Bettino Craxi, a quest'ora il raìs libico Muhammar Gheddafi sarebbe una figura storica. La notte del 14 aprile 1986, l'ordine di Ronald Reagan alla US Navy non lasciava spazio a dubbi: incenerire Gheddafi. Il quale riuscì, per questione di minuti, a mettersi in salvo con la sua famiglia. Solo sua figlia adottiva rimase sotto le macerie della residenza personale del dittatore nel centro di Tripoli. Piuttosto che consentire che gli Stati Uniti, in spregio al diritto internazionale e alla sovranità territoriale italiana, riuscissero nel loro obiettivo, Bettino Craxi impedì loro di utilizzare lo spazio aereo italiano.

Erano ancora i giorni in cui il governo italiano contava qualcosa nel mondo, e la diplomazia "pan-arabista" del nostro Paese era stimata e riconosciuta a livello globale. La visione geopolitica di lungo periodo prendeva atto di un basilare principio di convivenza: se non puoi cambiare i tuoi vicini, quanto meno impara a conviverci. Una convivenza pacifica può essere impostata sulla base del rispetto e dello sviluppo reciproco, ovvero della piaggeria e del servilismo. Nel primo caso, è il sistema di regole scritte e relazioni consuetudinarie che consente di trovare un denominatore comune nella diplomazia fra nazioni. Nel secondo, gli alti e bassi delle fortune dei leader condizionano i rapporti fra popoli.

I fatti dei giorni nostri dimostrano come siano profondamente cambiati i presupposti della diplomazia italiana. Citando un post di un amico sulla propria pagina personale di oggi: "Non mi sorprenderebbe un sms sul numero italiano del tenore: la figa dà la vittoria al nostro leader e al popolo". E' infatti avvenuto l'esatto contrario di quanto sperato e pazientemente intessuto in decenni di buon vicinato con i popoli arabi del Mediterraneo. Ci siamo trasformati nel medio oriente d'Europa, nelle cui piazze tradizionalmente sono issati cartelloni pubblicitari con i volti dei leader, e le sorti del raìs di turno si identificano, fino a fondersi, con quelle dello stato. L'atto volitivo del principe prevale sulla procedura, sulla regola. La sua insofferenza verso i legami si fa volontà costituzionale, regola.

In democrazia la forma è anche sostanza. E' la misura del potere che ne determina i limiti, ma anche il rispetto da parte della comunità.

Gli sfarzi e gli onori riservati negli anni passati dal nostro Paese a Gheddafi testimoniano quanta piaggeria si sia insinuata nel DNA della nostra politica estera. Le immagini di un dittatore lucidamente folle e imprigionato nel suo bunker di Tripoli, che cannoneggia il proprio popolo dopo averlo depredato per decenni, sparge una luce sinistra sulla pericolosa china assunta da chi ci rappresenta. Fatalmente, ne preconizza anche l'eventuale uscita di scena. 
kriticadellaragione.blogspot.com
(Megas)