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23 set 2011

- "It's the default, stupid!" -




Non ha alcun senso parlare di piani di salvataggio. Non ha senso da un punto di vista economico. Non ne ha, tantomeno, da una prospettiva razionale. 

Non ha alcun senso parlarne, mi fa quasi venire la nausea. Ma sono immerso da tali insensate fandonie, che non posso farne a meno. Last but not least, lo spettro del fallimento s'aggira tra noi tutti (sì, anche te che leggi e me che scrivo) e condiziona le nostre quotidianità. 

Il nostro Paese è, come tutti gli stati occidentali, tecnicamente fallito da un bel pezzo. Ma sono solo io a saper fare il buon conto della serva? 

Per decenni abbiamo finanziato in deficit dapprima gli investimenti. Successivamente, anche la spesa corrente. E fin qui ci siamo. Se abbiamo commesso la grave imprudenza di accendere per errore un telegiornale, conosciamo il concetto. Quello che ai più sfugge è il significato del concetto. 

Banalmente, incamero ogni anno fiscale 100, ma spendo 103 (se va bene). La differenza la chiedo in prestito. 

Una qualsiasi famiglia assennata troverebbe un simile sistema ripugnante, soprattutto se preso a modello in via consapevole. 

Assume particolare valenza grottesca la circostanza che tale dottrina della rovina abbia quale riflesso (pavloviano, verrebbe da dire) un'allure di credibilità per "convincere i mercati" a continuare a prestare. Nient'altro che una sorta di ordalia di mistico affidamento sulle capacita reddituali di noi tutti sfigati appartenenti alla working class, altrimenti apostrofati "contribuenti". 

Dei nostri redditi sono rimaste solo le monetine, debitamente ridotte all'osso dai satrapi d'occidente, in attesa di un non ancora identificato cavaliere orientale che ci salverà. 

Ricordate tutti per cosa servirono le monetine di fronte all'hotel Raphael?

8 apr 2011

- Social Intruders -




Francesca e Stefano (N.d.A. i nostri beneamati bloggers) si sono laureati l'altro ieri. Auguri.

Voglio parlare di loro.

I nostri sono di quei ragazzi che danno soddisfazione ai genitori. Sono una élite di merito, hanno scalato agevolmente i gradini scolastici prima, ed accademici dopo, e si ritrovano ad avere 25 anni ed un titolo di laurea in tasca. E non parliamo di una laurea qualsiasi. Trattasi di una laurea in economia (perdonatemi, non ricordo, anzi, non conosco proprio, le sigle dei vari corsi) con voti eccellenti in Bocconi. Ovvero, l'unica università italiana con una solida reputazione internazionale. Il risultato dell'utilizzo dei suddetti filtri rende l'idea di un percorso da parte di entrambi notevolmente superiore a quello della media dei loro coetanei. Se hai due euri in tasca, puntali su di loro.

Francesca e Stefano sono tra le persone più preoccupate che io conosca per il loro futuro.

Sanno che li attende un collo di bottiglia professionale dove i migliori sono inquadrati in imprese multinazionali in cui saranno un ingranaggio di (i) un sistema proceduralizzato sin dalla richiesta di carta igienica, che annullerà gran parte della loro spinta creativa; (ii) una piramide rovesciata di senior cresciuti rapidamente nell'età dell'oro, e improvvisamente inabili a procurare lavoro ai junior, perchè loro stessi mancanti; (iii) uno schema retributivo umiliante associato a una percezione sociale da yuppies anni '80, che li porterà a ritenere doveroso potersi (doversi) nutrire di insalate macrobiotiche da 15 Euro a pranzo, e soprattutto raccontarlo; (iv) orari lavorativi massacranti, che alienerà loro la maggior parte della comprensione (prima) e tolleranza (dopo) di amici e parenti.

Il coté grottesco è dato dalla circostanza che quanto descritto è il traguardo agognato, non temuto, dalla media dei ragazzi nella posizione di Francesca e Stefano. A questo punto è facile comprendere come i migliori, le risorse più importanti per lo sviluppo della nostra società, siano attivamente impiegati per la sua irreversibile decadenza.

Francesca e Stefano hanno la lucidità per apprezzare il pericolo che corrono, hanno la sensibilità per nuotare all'interno di questo sistema e uscirne con l'affermazione di propri spazi vitali e creativi. La loro intelligenza, purtroppo, non è stata donata a molti. E' con quei molti che saremo tutti, nostro malgrado, costretti a confrontarci in un prossimo futuro.


(Megas)

25 feb 2011

- Pagliacci a corte -



Ridi, Pagliaccio,
sul tuo amore infranto!
Ridi del duol, che t'avvelena il cor!


Se non fosse stato per l'avvertimento di un Presidente del Consiglio italiano, Bettino Craxi, a quest'ora il raìs libico Muhammar Gheddafi sarebbe una figura storica. La notte del 14 aprile 1986, l'ordine di Ronald Reagan alla US Navy non lasciava spazio a dubbi: incenerire Gheddafi. Il quale riuscì, per questione di minuti, a mettersi in salvo con la sua famiglia. Solo sua figlia adottiva rimase sotto le macerie della residenza personale del dittatore nel centro di Tripoli. Piuttosto che consentire che gli Stati Uniti, in spregio al diritto internazionale e alla sovranità territoriale italiana, riuscissero nel loro obiettivo, Bettino Craxi impedì loro di utilizzare lo spazio aereo italiano.

Erano ancora i giorni in cui il governo italiano contava qualcosa nel mondo, e la diplomazia "pan-arabista" del nostro Paese era stimata e riconosciuta a livello globale. La visione geopolitica di lungo periodo prendeva atto di un basilare principio di convivenza: se non puoi cambiare i tuoi vicini, quanto meno impara a conviverci. Una convivenza pacifica può essere impostata sulla base del rispetto e dello sviluppo reciproco, ovvero della piaggeria e del servilismo. Nel primo caso, è il sistema di regole scritte e relazioni consuetudinarie che consente di trovare un denominatore comune nella diplomazia fra nazioni. Nel secondo, gli alti e bassi delle fortune dei leader condizionano i rapporti fra popoli.

I fatti dei giorni nostri dimostrano come siano profondamente cambiati i presupposti della diplomazia italiana. Citando un post di un amico sulla propria pagina personale di oggi: "Non mi sorprenderebbe un sms sul numero italiano del tenore: la figa dà la vittoria al nostro leader e al popolo". E' infatti avvenuto l'esatto contrario di quanto sperato e pazientemente intessuto in decenni di buon vicinato con i popoli arabi del Mediterraneo. Ci siamo trasformati nel medio oriente d'Europa, nelle cui piazze tradizionalmente sono issati cartelloni pubblicitari con i volti dei leader, e le sorti del raìs di turno si identificano, fino a fondersi, con quelle dello stato. L'atto volitivo del principe prevale sulla procedura, sulla regola. La sua insofferenza verso i legami si fa volontà costituzionale, regola.

In democrazia la forma è anche sostanza. E' la misura del potere che ne determina i limiti, ma anche il rispetto da parte della comunità.

Gli sfarzi e gli onori riservati negli anni passati dal nostro Paese a Gheddafi testimoniano quanta piaggeria si sia insinuata nel DNA della nostra politica estera. Le immagini di un dittatore lucidamente folle e imprigionato nel suo bunker di Tripoli, che cannoneggia il proprio popolo dopo averlo depredato per decenni, sparge una luce sinistra sulla pericolosa china assunta da chi ci rappresenta. Fatalmente, ne preconizza anche l'eventuale uscita di scena. 
kriticadellaragione.blogspot.com
(Megas)


27 gen 2011

- 150 times Italy -


Non posso esimermi.

Si fa un gran parlare, non c'è che dire, dei vizi privati e delle virtù pubbliche. In un Paese che ha fatto del suo "particulare" un motivo di vanto fin dalla notte dei tempi. Specchio rovesciato del cielo che noi, Italiani, abbiamo contribuito a intorbidire per decenni, la morale pubblica torna in auge in periodi di grave crisi economica e, soprattutto, sociale, come il presente.

Entriamo nel 150esimo anno della nostra storia con un piede distratto e impoverito nella fossa degli slogan che ci accompagnano come balie e ci plasmano come mitocondri impazziti. Le nostre famiglie hanno, nella stragrande maggioranza, una casa di proprietà sull'onda dell'"ognuno proprietario a casa propria", ma ci lamentiamo delle banlieux desolate e cementificate delle nostre città, sorte negli anni '60 e '70. Anni in cui gli slogan democristiani andavano per la maggiore. "In pensione con 15 anni di contributi", ed ora tutti a battersi il petto per il crack del sistema previdenziale. Questi, erano gli '80.

Ma veniamo a noi. Non erano forse i '90 (ovvero, noi) quando ci sbattevano in faccia dalla Tivvù le zoccole vestite da cameriere del Drive In in un'orgia di degradante reificazione del genere femminile? Non ricordo orde di casa-lingue benpensanti (nè, a dire il vero, schiere di fini costituzionalisti) stracciarsi le vesti per impedire che questo Paese sprofondasse nell'auto commiserazione. Chi si è arricchito allora, solleticando gli istinti più bassi di un popolo che non è mai riuscito a compiere un vero salto culturale, oggi governa lo stesso popolo, che continua a vivere in una periferia culturale sgomentevole.

La morale pubblica non è che il termometro della morale privata. E il prossimo 17 marzo, giorno in cui festeggeremo l'unità d'Italia, avremo seri dubbi che i nostri vicini di casa sappiano, anche vagamente, quale sia la differenza fra il Presidente della Repubblica e il Presidente del Consiglio. In compenso, possiamo tutti scommettere che sapranno benissimo cosa fare la sera per festeggiare.

Viva l'Italia. Fino al prossimo slogan.

kriticadellaragione.blogspot.com


10 dic 2010

- Paillettes a Natale -

(L'Entrée du Christ à Bruxelles (The Entrance of Christ into Brussels) - James Ensor)


Ti voglio dare del tu. Tu, che pur non sapendo bene perché, hai reso questo periodo una metastasi di cio che dovrebbe essere. Tu, che ti affanni a scavalcare manichini, strattonare cariatidi, infilare ombrelli negli occhi. 

Tutto ha un limite. E tu l'hai superato. 
 
Hai rubato quanto di più armonico esista e l'hai trasformato in plastica cheap da pacchetto regalo. Le nevrosi da idea-migliore-della-tua-per-questo-natale non mi fa ragionare. Non capisco perché "dovrei", quando "vorrei" suona infinitamente più sexy. Fare regali, intendo. Fare un packaging posticcio di un'idea immateriale. Incartare ogni anno l'inesorabile scadimento dei tempi. Gutta cavat lapidem. Una pietra tombale sopra i buoni propositi di cominciare, finalmente, a spezzare le catene di questo giogo senza senso.

Il ritorno all'alfa di ogni blasfemia, il non capire il senso di questa festa. Quest'anno, te lo prometto, sarà l'ultimo in cui mi sentirò costretto ad essere un androide con il ghigno felice. Un anno ancora, e mi riprenderò ciò che mi appartiene. Il silenzio di questo giorno é così denso che la sua profondità mi dà vertigini, ed é pari solo al mistero che lo genera. Sono nato libero, ma, ancora una volta, i tuoi lustrini mi hanno impedito di vedere la Luce che viene nel mondo. 

Buon Natale anche a te.  kriticadellaragione.blogspot.com
(Megas)


JCS by Un Kritico

18 nov 2010

- Flusso Fluido -

(Il Cristo giallo - Gauguin)

Il fluire della quotidianità mi inquieta. Semplice coazione a ripetere errori di altri, o anarchia nell'accettare (e scegliere) l'inevitabile? Una domanda che mi ha sempre tormentato e affascinato, da dove promani il masochismo di volere sempre e comunque dipendere dalle scelte altrui. La svolta é che non mi sento più solo. Non sono più l'unico a correre verso un aeroporto il venerdì pomeriggio per cercare riparo in casa altrui, perché nella mia non ci sto bene. Non più il solo a non riuscire ad addormentarmi per avere già in testa il suono della sveglia che compone sinfonie di morte cerebrale. Di certo, in buona compagnia nel plasmarmi ingranaggio del meccanismo che ci stritola. Il viaggio. La dimensione di un'interiorità dell'altrove. Dove tutto ruota su se stesso, per non muoversi.


Le stazioni specchiano il mio umore da impero alla fine della decadenza. Il mio sguardo si posa ovunque, stimoli inondano le sinapsi, cascate di endorfine mi fanno sentire bene. Psicopatologia dell'altrove. Vorrei, vorrebbero, vorremmo essere altrove. Per stare davvero bene. Ed essere liberi di essere schiavi dello stimolo ad essere liberi. L'idea di stazione mi rende degno di essere figlio di un mondo industrioso. Di assaporare la mirabolante esplosione nelle papille di una tavoletta di puro cacao 99% da Pierre Marcolini, Sablon di Bruxelles. Dove posso arrivare in due-ore-due partendo ora. Grazie, mondo industrioso, per darmi i mezzi per essere felice di essere schiavo.


Aveva visto bene Séguéla. Il vero grimaldello per la conquista del sole radioso e splendente dell'avvenire non può che passare (trionfo del cammello che balza al di là della cruna) attraverso pannelloni pubblicitari strategicamente posizionati. I veri padroni del mondo. Coloro che controllano i flussi della mia - e della vostra - esistenza. 
kriticadellaragione.blogspot.com
(Francesco) 


Nina simone - sinnerman by TITO4MCAL

17 ott 2010

- Non avrai altro Dior -

(Delicae Vitae - David Lachapelle)

Una bambola cipollina e impazzita seduta sul sedile posteriore. Una maschera, non più umana. Un ammasso di protesi plastiche, capelli stuccati, canotti onnipresenti e botox. Sorride compiaciuta e assiste allo sfacelo che si abbatte sui trentenni Louis Vuitton che si ingozzano in Largo La Foppa con untuose pizzità. Lele Mora sul sedile del passeggero, assiste annoiato e blandisce la Milano che si riprende dagli alcolismi del venerdì sera.
L’unto é sempre più unto. Nella processione verso le casse di Moscova, sciure in divisa Dior e famigliole formato Brambilla scorrono indifferenti coi loro vassoi. I carboidrati sono gli stessi ovunque, ma il packaging é tutto. Che si tratti di focacce dal nome evocativo, o dei Vuitton che decorano l’esistenza. Anche la gioia si compra. Inclusa generosamente nel valore aggiunto di design di gomma, plastica o carta, esposto con dovizia cromatica. Le commesse come vestali del rito della gioiosa esistenza. Il sorriso acchittato, lo sguardo che indugia sull’accessorio e sulla scarpa prima di ritrovare gli occhi del cliente, per porre l’annosa questione “l’incenso lo preferisce speziato o agrumato?”.
L’olezzo fasullo dell’auto-incensante rituale fine settimanale in cui si deve fare, in cui si deve andare, in cui si deve partecipare, si epifanizza nell’happening mondano dove l’accessorio umano più à la page fa necessaria rima con il grottesco. Il pellegrinaggio dell’evento é irrinunciabile per definizione. Al pari di una nove litri Vuitton per trasportare le melanzane organiche comprate nella boutique radical chic del cibo-che-salva-il-pianeta appena fuori dai portoni dei palazzi cinquecenteschi di Carrobbio. L’esistenza si fa quantificabile, l’individualità si afferma con la forza del valore. 
Sale una nausea spinta dal silenzioso strisciare delle Mastercard, mentre la pioggia tedia le acconciature e presta l’occasione per lo sfoggio dell’ultimo tratto di carattere: l’ombrello griffe. L’avventore fugge. Cerca una fonte di omologazione cheap che rassicuri lo spirito. L’Euronics. Dove ancora vigono le regole del mondo, dove i prezzi non vengono issati alle stelle ma spinti al ribasso, nella gioiosa esclusività delle offerte d’eccezione, dei club dello shopping dove l’acquisto di merce avariata é nobilitato dall’orgasmo della membership. L’Euronics promette “prezzi sottocosto da leone”. Tutti possono entrare in questa clinica di disintossicazione dal lusso, attratti da sinistre luci azzurrine. Gli schermi al plasma cingono l’umanità mentre rimbalzano ossessivi la medesima immagine. Che promette una gioia diversa. L’immagine perfetta, in questo luogo protetto, non é più un’ossessione di metamorfosi chirurgica e tessile. Ma una mera questione di pixel.

(F. Graziani & D. Calisti)

The Engine Room - A Perfect Lie (Gabriel and Dresden mix) by infected.mush

2 ott 2010

- Gated Community -

(Shenzhen, Cina 2009 - M. Tarizzo)


Non sarà, forse, la nostra indifferenza; la mancanza totale di curiosità; lo sguardo svogliato e sufficiente; che sta rendendo le nostre città dei ghetti di emarginazione?

La ricerca delle “zone tranquille” in cui abitare, con connessa speculazione edilizia. La rincorsa alla “strada tranquilla”. Dubito siano azioni che non conducono a erodere il tessuto sociale che, quello sì, rende un ambiente urbano vivibile. Le zone fuori dal controllo dello Stato sono la diretta conseguenza di un comportamento socialmente accettato, la ricerca dell’esclusione. Diversamente, non saremmo noi tutti, con cadenza giornaliera, bombardati di pubblicità che decantano le virtù di una comunità separata, immersa in un verde esistente sono nei rendering, dove regna la fortificazione e la lontananza.

La nostra ansia di sicurezza, ha prodotto un’insicurezza palpabile, che alimenta nuovi vagheggiamenti di protezione. E non saranno certo quattro rincoglioniti dotati di pacemakers e con il pallino delle ronde ad assemblare nuovamente le macerie materiali e sociali in cui sono sprofondati interi quartieri delle nostre città.

(F. Graziani)


Bob Dylan - Knock-Knock-Knockin on Heaven's Door by Sphini

24 set 2010

- Il gran ballo delle debuttanti -



Si manifesta nella melliflua vanità dei giovani rampolli della jeunesse dorée italiana, Madama Schiavitù.

Fiacca, indolente, sussurrante. Rapisce i sogni, li trasforma in ambizioni. Ne tramuta le colonne portanti che ci hanno condotto fin qui.

Il patto generazionale che, inalterato nel corso dei secoli, ha garantito alla generazione successiva un tenore di vita migliore di quella precedente, è imploso.

La polarizzazione trionfante del trickle-down reaganiano ha prodotto mostri sociali di sorpendente magnitudo, di cui i sottoscritti sono, di diritto, i cantori.

Come si può pensare di raggiungere la "felicità" rinchiusi 14 ore al giorno in una algida cella frigorifera, avendo come compagni di sventura delle occhialute ed asettiche burocrazie?

Patetico è pensare che noi tutti siamo allevati in un tale mefitico brodo culturale da età sempre più tenera. Le nostre aule universitarie già pullulano di drogati di vanagloria, serpenti inmarcia verso la gloria di Piazzetta Cuccia.

Ammirato è chi più si rende infelice, e l'ambizione della scalata alla piramide è capace di travolgere qualsiasi residuo di buon senso. L'aplomb del contadino entrato in società si fa crisalide, protetta nella grottesca attenzione riposta alle più insignificanti cagate. E tremo nel vedere ventiquattrenni che sgomitano per poter mostrare a nonne ingioiellate, ignoranti e grasse le loro camicie-su-misura con le iniziali del proprio nome ricamate.

Il più silente deserto divide chi conta da chi non conta. Chi ha la chiave della felicità, da chi non può neanche lontanamente sperare di ottenerla. Non è conforme a natura cantare l'apologia del giusto medio. Mai come ora, ne riceveremmo, tuttavia, benefici dirompenti.

Madama Schiavitù ha ridotto in cenere le fondamenta che ritenevamo indistruttibili. Le ha sostituite con un canto sommesso e arrembante al contempo. Delle ipoteche che ci affrettiamo ad iscrivere sull'esistenza dei nostri figli, del fatto che non siamo più “come nani sulle spalle dei giganti”, le generazioni dei nostri padri e nostra saranno chiamate a rispondere.

(link suggerito dall'autore: http://www.mediapart.fr/club/edition/les-invites-de-mediapart/article/160910/monsieur-le-president-je-refuse-votre-diplome)

10 Ennio Morricone Fiesta (Valzer) by p.pereira