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27 mag 2013

50 shades of silence






Oggi il Parlamento italiano ha discusso la ratifica della Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne, convenzione su cui la Commissione Europea lavora dal 2011 e che non ha ancora totalizzato le 10 ratifiche necessarie ai fini dell’entrata in vigore. Ad oggi, infatti, un solo stato ha ratificato la Convenzione: la Turchia.


Quando si parla di violenza sulle donne i più superficiali sorridono, pensano a questi eventi come a situazioni lontane dalla realtà quotidiana e alcuni addirittura alzano gli occhi al cielo quando si accenna all’argomento, quasi fosse un tema di cui vergognarsi. Ma la vergogna non nasce dalla consapevolezza che in un paese “democratico” come il nostro esistano ancora discriminazioni tanto radicate, esistano convinzioni sociali tali da impedire ad una donna di sentirsi pari ad un uomo al lavoro, a casa e perfino in macchina. Si, perché chissà quante volte ho sentito qualcuno affermare “guarda come guida quella, senza dubbio è una donna”. La vergogna la sente addosso chi racconta, riflette, discute del fatto che oggi, nel 2013, le donne siano ancora costrette a subire pressioni verbali, psicologiche e in molti casi fisiche, solo perché donne.


L’errore è pensare che tali violenze possano esplicarsi solo tramite condotte fisicamente invasive, ma ciò che la maggior parte degli individui di sesso maschile e femminile al contempo dimenticano di considerare, è che esistono anche le forme di violenza più sottili, quelle che non si vedono, quelle a cui, per assurdo, siamo abituati.



Tutti si sconvolgono per le plateali tragedie che consumano la cronaca quotidiana: donne stuprate, strangolate, bruciate. Ma c’è qualcuno che si domanda “Perché gli uomini si sentono in diritto di possedere una donna al punto tale da decidere deliberatamente quando e come picchiarla, violentarla, ucciderla?”. Perché alla donna si associa il verbo possedere? Perché le donne lasciano che questo avvenga? La violenza nasce per ideologia e comincia dalle semplici strumentalizzazioni di cui la nostra società è colma ma a cui, appunto, noi siamo abituati. La prostituta, la velina, la ragazza immagine sono tutti ruoli che non riusciremmo neanche ad immaginare al maschile, perché dopotutto l’idea di vedere due uomini che ballano sul palco di Striscia non ci appare così naturale; l’idea di assumere dei ragazzi per fare gli steward fuori dai negozi non sarebbe produttivo quanto avere delle hostess carine e disponibili che ti sorridono all’entrata.


Ma nella maggior parte dei casi l’equazione per questi spunti di riflessione ha come risultato una risata flebile, quasi piena di compassione per te, donnetta sensibile ed eccessivamente emotiva che consideri anormali cose come ammiccare agli estranei per indurli a comprare un prodotto o sculettare in pompa magna on air, che in realtà di anormale non hanno nulla.


Per essere chiari, l’anormalità non è legata all’atto in sé ma al fatto che quel gesto, quel ruolo, quell’immagine venga costantemente associata solo alla donna, perché dopotutto se non è la donna che lo interpreta quel ruolo può funzionare.


Queste quotidiane forme di strumentalizzazione non possono far altro che riflettere le reali condizioni che ogni donna vive all’interno della nostra società: una società in cui se ti opponi a simili forme di esibizionismo sei una femmina isterica ed anticonformista che discrimina chi invece accetta di buon grado di essere etichettata come “la donna tipo a cui non dispiace usare se stessa per guadagnare qualcosa”; una società in cui se sei lontanamente carina le tue qualifiche professionali vengono letteralmente fagocitate dal tuo reggiseno; una società in cui quando lasci la macchina in doppia fila e qualcuno ti suona senti in sottofondo il commento di qualche uomo affacciato che dice “eh, figurati, poteva essere solo una donna”



Quante forme di violenza esistono e quante ne stiamo incentivando? Quanti altri sorrisetti,sguardi nel vuoto, commenti sarcastici dobbiamo sentire prima che qualcuno si accorga che non si parla di fantascienza o di melodrammi alla Greta Garbo,ma che questo è un problema vero, una realtà concreta e tangibile? Perché oggi l’aula di Montecitorio era quasi vuota mentre si discuteva la ratifica della Convezione di Istanbul?


La risposta temo sia sempre la stessa: non ci preoccupiamo dei problemi finchè non diventano tangibili, finchè non viene platealmente discriminata, violentata o picchiata una donna che amiamo, finchè non capiamo cosa significhi provare quel senso di rabbia e di sdegno quando qualcuno ti ride in faccia se parli di discriminazione sessuale.


Il Gender Equality Gap Report del 2012 ha classificato l’Italia all’80° posto nel ranking dei paesi politicamente attivi per ridurre le differenze di trattamento fra uomo e donna.


In Italia 1 donna su 3 subisce violenze domestiche e solo il 15% di queste donne ha il coraggio di sporgere denuncia, una denuncia che in media solo dopo 6 anni si traduce in reclusione.





Anche io alzo gli occhi al cielo, ma insieme agli occhi alzo anche la voce perchè, ridete pure, ma io a certe cose non mi voglio proprio abituare.


(Giulia 27/05/2013)

4 mag 2011

- Il principe azzurro -



Chi non ha sognato il principe azzurro??! Ognuna di noi nasce praticamente predestinata a trascorrere anni interi a sognare, cercare, e magari alla fine trovare questo fantomatico principe azzurro! 
In effetti, la maggior parte delle donne dedica gran parte della propria vita alla ricerca dell'amore sia nella coppia che da single, quindi sorge spontanea una domanda: ma quando si è single si è davvero single?
Cioè l'amore è il principale obbiettivo delle persone e su questo non c'è dubbio, ma perchè trovare la metà compatibile dev'essere così difficile?


Il mio periodo di libertà è cominciato con una ricerca; ero convinta di aver trovato la risposta a tutti i miei problemi manifestando la necessità di vivere un periodo di totale solitudine affettiva, invece mi ritrovo a costruire castelli su qualsiasi pseudorelazione mi si pari davanti, un classico esempio di ricerca del principe azzurro.
Ogni uomo che incontriamo viene immediatamente rivestito di questi panni cavallereschi di cui poi ovviamente valutiamo la compatibilità. Eppure, anche se difficile, la ricerca della persona giusta, del nostro contrappunto, del nostro pezzo mancante, è parte integrante del nostro essere ed è inevitabile.
Quindi mi sono chiesta, accertata l'essenzialità di questa ricerca, fin dove ci spingiamo per trovare la risposta? Qual è il nostro limite nel cercare l'amore?


Un giorno  una bambina di sei anni ha guardato mia sorella e le ha detto: " Come sei bella, ma perchè non sei sposata?" e lei sorridendo risponde: " Non lo so, forse perchè non ho mai trovato la persona giusta per me..".
La bambina allora solleva lo sguardo pensierosa e poi domanda nuovamente: "Ma l'hai cercata?" e mia sorella stupita afferma quasi automaticamente:" Bè sì, diciamo che ci ho provato", al che la piccola sconcertata le chiede :"Ma l'hai cercata in tutto il mondo?! Perchè se la vuoi trovare la devi cercare in tutto il mondo!".


IN TUTTO IL MONDO...saremmo davvero così coraggiose e pazienti da cercare il principe azzurro per tutto il mondo,oppure anche questa nostra naturale ricerca ha dei confini?
Teoricamente per amore non ci dovrebbero essere limiti, ma perchè allora oggi le persone si arrendono così facilmente?! Cercare il vero amore non è più una priorità?Oppure la gente ha smesso di crederci?
In effetti questo dovrebbe essere lo spirito giusto, essere disposti a cercarlo e a trovarlo ovunque si trovi senza limiti di tempo o spazio...ma come la mettiamo con i fallimenti?
Cioè ogni ricerca implica dei tentativi e ogni tentativo mal riuscito implica un fallimento...i fallimenti sentimentali in genere sono più che altro scoraggianti quindi l'unica soluzione sarebbe quella di riuscire a trarre da questi "errori" la forza per continuare la ricerca, ma a volte è più facile a dirsi che a farsi.


Anche io sono una sognatrice in cerca del vero amore, e come tale sono assolutamente determinata a trovarlo....ma perchè mi lascio scoraggiare tanto dalle sviste momentanee? Forse la risposta si ritrova nella tendenza a costruire sul nulla immagini che comprendano l'altra persona senza averla neanche concretamente conosciuta, per scoprire poi magari che i suoi obiettivi sono completamente diversi dai nostri, che le sue necessità non hanno niente a che vedere con le nostre, e migliaia di ulteriori differenze.
Quindi? All'inizio di una relazione bisogna sempre partire con i piedi di piombo perchè attenua la botta in previsione di un'eventuale scivolone?! Oppure è giusto entusiasmarsi e partire convinti nonostante non ci siano certezze? Bè in genere sono più propensa a sostenere la seconda alternativa...cerco sempre di non precludermi niente, di investire il 100%  in un rapporto per non avere poi rimpianti postumi; tuttavia spesso la delusione principale è rappresentata dal fatto che magari per l'ennesima volta la nostra ricerca deve proseguire, nonostante le speranze di aver trovato la soluzione, indipendentemente quindi dalla persona in questione.

C'è una sola certezza in tutto ciò: per trovare il vero amore bisogna crederci.
Il principe azzurro esiste, ed è vero, per trovarlo bisogna essere disposti a cercarlo in tutto il mondo!
(Giulia)