"Io amo gli uomini che cadono, se non altro perché sono quelli che attraversano".
Friedrich Nietzsche
Nell'esatto momento in cui prende forma la struttura finale di questo lavoro, sorge fredda e rassegnante la consapevolezza che l'ultima parola scritta rappresenti la fine di un periodo intenso, di sogni realizzati e sconfitte edificanti. E allora, non rimane che il ricordo di un piacere oppure il lusso di un rimpianto. Rimpiangere vorrebbe dire accogliere l'algido abbraccio della rassegnazione e divenire un apostata senza speranza. Per questo motivo, guardando indietro, rivendico l'immensità degli attimi vissuti e mi rivolgo a tutti coloro che in qualche modo, talvolta inconsciamente, si sono resi parte del viaggio indimenticabile di questi 5 anni.
A zio Francesco, cuccucco, per la sua capacità di affrontare il tempo con l'arma del pensiero.
A papà, che per primo, in me, ha fatto nascere la curiosità verso il mondo, permettendomi di non essere un semplice spettatore.
Alla mamma che ha messo da parte l'amore bramoso per concedermi, fiera, l'indipendenza.
A Francesca, bankina, che ha accompagnato il mio cammino con partecipazione e sincera soddisfazione.
A Paolo, che anziché cugino è un fratello maggiore.
A Nino, Grazia, Francesco e Marta, che fanno parte della mia famiglia.
A Francesca, che mi ha mostrato, per la prima volta, l'eleganza di un'emozione.
A Lorenzo e Cristiana, che da qualche parte, e forse qualche volta, volgono lo sguardo verso di me.
Ad Antonella e Marco, che nonostante tutto mi rivolgono un sorriso.
A Pippo e Mattia, amici veri tra un'infinità di conoscenze.
Ad Orietto, perché mi ha insegnato che la cultura richiede un viaggio che duri almeno una vita intera.
Al Prof. Franco Amatori, per gli insegnamenti, la disponibilità e l'originale stravaganza.
Ad Hong Kong, che mi ha permesso di affrontare la solitudine.
A tutti i luoghi del mondo in cui sono stato in questi anni universitari, perché mi hanno presentato la bellezza della diversità.
Grazie.
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