Capitolo Quindicesimo:
Retiro
[Ascolto consigliato: Schism – Tool]
Madrid, Venerdì 15 Luglio 2005 ore 15.46.
Ventiquattro ore fa stavamo per atterrare a Barajas. Fra quattro ore partiremo per il Portogallo. Tre giorni fa ero l'unico dei miei amici a non essere ancora maturato. Tra tre giorni sarò ancora in Portogallo, forse. Quattro sere fa tutti i miei amici, o quasi stavano festeggiando. Phil forse non ne aveva molta voglia, conoscendo il suo voto. Ma la fine degli esami di Jeff, suo compagno di banco, rappresentava un evento a cui non poteva rimanere indifferente. Mike...beh per Mike ogni occasione è buona per festeggiare. E così quei tre passarono tutta la notte in giro. Mentre anche Paulie festeggiava, probabilmente con la sua ragazza. Mentre Alex, già partito per Roma, festeggiava nella capitale. Mentre Stone e i suoi compagni facevano il falò di quaderni e libri di scuola del liceo. Mentre Irons passava la notte insonne, con l'inquietudine tipica di chi ha l'orale il giorno dopo. Quattro notti fa nessuno dei miei amici ha dormito molto, a differenza di me che potevo godere del sonno incosciente di chi sa che non è domani, ma dopodomani. Però domani sarà un giorno di studio matto e disperatissimo. Perciò meglio non pensare e dormire. Effettivamente, da allora non mi ero più fermato un attimo. Fino ad ora, protetto dall'ombra di esili alberi in un punto non meglio precisato del parco, semi assopito come tutti i miei compagni di viaggio. Fa un caldo inumano. Ed è per questo che andremo verso il mare. Quattro notti fa era la notte prima della notte prima degli esami. Non so dove sarò fra quattro notti.
Nel frattempo erano probabilmente usciti i voti ufficiali della nostra classe. Noi, più o meno, già sapevamo i nostri. Ma eravamo troppo stanchi per discuterne. Troppo lontani con la mente per informarci su quelli che non conoscevamo. Eravamo in viaggio. Decidemmo che era ora di muoversi, perciò ci addentrammo nel parco alla ricerca di… qualcosa. Non so bene cosa, un punto di ritrovo per giovani, delle ragazze, artisti di strada, un concerto rock, un campo da basket, qualsiasi cosa. Invece trovammo solo uno stagno brutto, tortuose stradine secondarie che ci facevano girare in tondo e poi vialoni assolati che ci fecero rimpiangere le stradine. Non c’era anima viva, non avevamo la minima idea di dove ci trovassimo e faceva un caldo terribile. Irons disse: “Ucciderei per una bottiglietta d’acqua” ed era un po’ il pensiero di tutti. Trovammo uno spiazzo che poteva forse essere indicato sull'approssimativa cartina della nostra guida e capimmo di essere dalla parte sbagliata. Dopo venti minuti buoni di cammino in cui non incontrammo anima viva apparvero, come un miraggio, un bar, dei tavolini e uno specchio d’acqua. Ci precipitammo, con le poche forze che rimanevano, a comprare dell’acqua, senza pensarci due volte. Ovviamente nel chiosco dieci metri più avanti la bottiglietta costava di meno. Per puro caso vicino a quel laghetto con tanto di servizio barca, c’era un’uscita che riportava alla zona del Prado. Mentre indugiavamo con le foto uno straniero si avvicinò. “Italiani, vero?” “Sì” “Aah Italiani! Pizza, spaghetti…” Noi continuammo “Sì… mafia, mandolino”. Poi lui, con gli occhi che si illuminavano: “Fumo! Fumo fumo fumo! Buono volete?”. Ma perché al concetto di “italiano” tutti associano automaticamente la parola “fumo”? Dopo aver rifiutato con il solito “No grazie, siamo sportivi” ci dirigemmo verso il nostro prossimo obiettivo: la stazione ferroviaria di Chamartin. Mike, consultando la piantina della metro disse: “La linea è chiusa per lavori nell’ultimo tratto, potremmo scendere un paio di fermate prima al Bernabeu” facendo sì con la testa a cui io replicai, scuotendo la testa: “Sì, ma la più vicina è Plaza de Castilla e non ci resta molto tempo…”
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