Il maresciallo non busserà più alla porta del pm. La «riforma epocale» della giustizia avrà come effetto pratico proprio questo. Finora l’autorità giudiziaria disponeva «direttamente» della polizia giudiziaria. Il nuovo articolo 109 della Costituzione che l’ attuale maggioranza vorrebbe approvare dice invece che i magistrati «dispongono della polizia giudiziaria secondo le modalità stabilite dalla legge». Ciò significa che con una semplice leggina si potrà deliberare che il maresciallo farà le indagini per conto suo, che non sarà più tenuto a rispondere alle deleghe di indagine del pm, che presenterà al pm un piatto pronto, prendere o lasciare.
Chi non conosce i meccanismi del procedimento penale si chiederà per quale motivo viene modificata in questa maniera la Costituzione. Sicuramente ci sarà qualcuno che in qualche salotto televisivo, fra un urlo e l’altro, dirà che i pubblici ministeri hanno esagerato disponendo della polizia giudiziaria «direttamente». Basta con questo strapotere!
I pubblici ministeri hanno esagerato, ma in cosa? Hanno esagerato nel fare le indagini? Ne hanno fatto troppe? O magari fra le migliaia di indagini preliminari che ogni pm fa nella sua carriera, ogni tanto, qua e là, ce n’è qualcuna particolarmente sgradita?
Quello delle indagini è un lavoro di organizzazione. Ogni pm tratta in media all’anno circa duemila notizie di reato. Su tutte queste si fanno le indagini; per molte si accerta che sono da archiviare e per le altre si va a giudizio. Un lavoro enorme: per questo il pm ha dei poteri di coordinamento che gli consentono di utilizzare qualunque forza di polizia presente sul territorio italiano.
Naturalmente c’è indagine e indagine: quelle per i reati più gravi sono accompagnate da frequenti riunioni e contatti con le forze di polizia. Fra il pm e la polizia giudiziaria c’è un continuo scambio di informazioni, di pareri sulle strategie di indagine. Uno scambio di esperienze, di professionalità, di umanità.
Così il Maresciallo bussa continuamente alla porta del pm o lo chiama spesso al telefono per
avere un confronto e un conforto, per sentire le sue direttive. Il Maresciallo sa che avere il
coordinamento del pm autonomo e indipendente è una garanzia non solo per il buon esito delle
indagini ma anche per lui, sa cioè che nel caso si trovasse a sollevare il coperchio di qualche
pentola puzzolente nessuno potrà bloccarlo perché c’è il pm.
Con la «riforma epocale» della giustizia tutto cambierà: il pm vedrà le indagini a cose fatte, soprattutto vedrà le indagini che altri e non lui decideranno di svolgere. Potrà forse ancora fare indagini in proprio, ma dovrà farle da solo oppure mettersi in coda. Il maresciallo non busserà più alla porta, se non per portare un bel pacchetto di indagine pronto. Il pm guarderà quel pacchetto con diffidenza perché non è roba fatta da lui.
Magari gli verrà in mente di chiedere al maresciallo se sa come mai non è ancora arrivato niente che riguardi quel signore che è da qualche giorno incatenato alla cancellata del tribunale, con al collo la scritta «vittima di usura». Il Maresciallo lo guarderà imbarazzato e con un po’ di vergogna, cercherà di spiegargli che ultimamente si stanno occupando del grave problema della vendita di cd contraffatti sui nostri litorali - «sa, fra un po’ inizia l’e state» - e che insomma in fin dei conti non dipende da lui ma dal suo comandante. Sarà più solo il pm e sarà più solo il maresciallo, che dovrà obbedire alle sue gerarchie.
Il pm ora dispone «direttamente» della polizia giudiziaria per fare le indagini e per verificare che siano fatte nel pieno rispetto dei diritti di tutti, compresi quelli degli indagati, per assicurare a tutta la cittadinanza che nessuna indagine verrà bloccata da altri poteri dello Stato e che si lavorerà per ogni reato denunciato. Un pm senza polizia giudiziaria è un leone senza denti, una pistola caricata ad acqua.
(Gianni Caria, Magistrato)
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