7 dic 2010

- Interrail #1 -

Capitolo Primo:
Fra venti giorni partirò


22 Giugno 2005.

La mia prima prova scritta all'esame di maturità iniziò così: “Fra venti giorni partirò”.

Uno dei più classici argomenti, il viaggio, banalizzato ulteriormente al racconto delle mie future vacanze. Beh… non era un viaggio qualsiasi... era il mio viaggio di maturità.

L'esame è considerato un evento chiave nella vita di uno studente. Presuppone la fine del terrore prima dell’interrogazione, quando la prof controlla lentamente il registro e assapora l’unico momento in cui la classe pende dalle sue labbra. La fine dei compiti a casa e dei compiti in classe a sorpresa. La fine di assemblee di classe e d'istituto, di lotte studentesche, a qualsiasi cosa servano. La fine di materie odiate e considerate inutili da tutti, di argomenti imposti dai programmi ministeriali, di un sistema che non è mai piaciuto a nessuno. Da ora in avanti si studierà solo quello che ci piace, quando ci piace. Ovviamente non tutto questo è vero, ma un diciannovenne è abbastanza immaturo da pensarla così. Non credo che il nome dell'esame sia azzeccato perché, sinceramente, non credo che uno maturi veramente a 19 anni, anche se è convinto di esserlo. Per non parlare del fatto che ogni ragazza già a 16 anni si sente molto più matura di quelli della sua età.
Chiedere in giro per credere.

Quello che è sicuro è che per tutto il quinto anno in classe non si parla d’altro. “Siamo troppo indietro coi programmi!” “Io ho già a finito la mia tesina e tu?” “Siamo a febbraio…non so neanche l’argomento!” “Secondo te metterà filosofia o storia nella terza prova?” “Ho degli amici a Roma che conoscono gente che conosce altra gente che forse saprà le tracce del tema in anteprima.” “Non ce n’è bisogno, è sicuro che il tema di letteratura sarà su Svevo quest’anno. Io mi leggo i suoi libri dall’estate scorsa”.
Per la cronaca quell’anno uscì Dante e per Italo Svevo si sarebbero dovuti aspettare altri quattro anni.

Per quanto mi riguarda io mi presentavo all'esame con la consapevolezza che non avrei preso gli 82 punti che mi mancavano al cento, deludendo molte aspettative. Al tema potevo sperare solo nel saggio breve. Non avevo avuto il tempo di aprire il libro di letteratura italiana prima delle prove scritte. Non avevo voglia di leggere i quotidiani per essere forse in grado di fare la traccia di attualità. Difficilmente avrei potuto fare il tema di storia visto che il nostro programma in classe era arrivato al 1945.

Ora mi piacerebbe rileggere quel tema. Mi ricordo molto poco. Iniziava enunciando le mie aspettative sulla quindicina di giorni che avrei dovuto passare in Spagna con gli amici. Andava avanti con qualche abbastanza scontato discorso sulle aspettative che non vengono rispettate. Mi ricordo perfettamente solo che, dovendo indicare il destinatario del saggio breve, io lo indirizzai al giornalino scolastico. Il nostro giornalino.

Io e alcuni miei compagni eravamo così preoccupati dall’esame che a gennaio della quinta
fondammo un secondo giornalino scolastico, in risposta alle sporadiche uscite e alla bassa qualità dell’altro. In realtà era solo voglia di affermarsi e di lasciare qualcosa alla scuola che tutto sommato forse non ci aveva lasciato abbastanza. Scatenammo sei mesi di concorrenza serrata tra le due redazioni ed è inutile dire che siamo ancora convinti di avere stravinto. Il nostro trionfo è stato l'ultimo numero in cui sparavamo a zero sul sistema scolastico. Distribuito il penultimo giorno di scuola con addirittura una copia per studente, tanto le risme le avevamo rubate ai nostri concorrenti.

Questa era la mia quinta liceo. Il nostro esame fu pieno di ingiustizie e scorrettezze. Il nostro gruppo classe, un tempo forse unito, sarebbe crollato entro pochi mesi e ancora oggi molti non si parlano più. Ma questo succede ogni anno in ogni classe.
Il mio tema ha preso 13 punti su 15 e anche per quello non sono riuscito ad arrivare a 100.
kriticadellaragione.blogspot.com
(Roberto)


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