Si manifesta nella melliflua vanità dei giovani rampolli della jeunesse dorée italiana, Madama Schiavitù.
Fiacca, indolente, sussurrante. Rapisce i sogni, li trasforma in ambizioni. Ne tramuta le colonne portanti che ci hanno condotto fin qui.
Il patto generazionale che, inalterato nel corso dei secoli, ha garantito alla generazione successiva un tenore di vita migliore di quella precedente, è imploso.
La polarizzazione trionfante del trickle-down reaganiano ha prodotto mostri sociali di sorpendente magnitudo, di cui i sottoscritti sono, di diritto, i cantori.
Come si può pensare di raggiungere la "felicità" rinchiusi 14 ore al giorno in una algida cella frigorifera, avendo come compagni di sventura delle occhialute ed asettiche burocrazie?
Patetico è pensare che noi tutti siamo allevati in un tale mefitico brodo culturale da età sempre più tenera. Le nostre aule universitarie già pullulano di drogati di vanagloria, serpenti inmarcia verso la gloria di Piazzetta Cuccia.
Ammirato è chi più si rende infelice, e l'ambizione della scalata alla piramide è capace di travolgere qualsiasi residuo di buon senso. L'aplomb del contadino entrato in società si fa crisalide, protetta nella grottesca attenzione riposta alle più insignificanti cagate. E tremo nel vedere ventiquattrenni che sgomitano per poter mostrare a nonne ingioiellate, ignoranti e grasse le loro camicie-su-misura con le iniziali del proprio nome ricamate.
Il più silente deserto divide chi conta da chi non conta. Chi ha la chiave della felicità, da chi non può neanche lontanamente sperare di ottenerla. Non è conforme a natura cantare l'apologia del giusto medio. Mai come ora, ne riceveremmo, tuttavia, benefici dirompenti.
Madama Schiavitù ha ridotto in cenere le fondamenta che ritenevamo indistruttibili. Le ha sostituite con un canto sommesso e arrembante al contempo. Delle ipoteche che ci affrettiamo ad iscrivere sull'esistenza dei nostri figli, del fatto che non siamo più “come nani sulle spalle dei giganti”, le generazioni dei nostri padri e nostra saranno chiamate a rispondere.
Fiacca, indolente, sussurrante. Rapisce i sogni, li trasforma in ambizioni. Ne tramuta le colonne portanti che ci hanno condotto fin qui.
Il patto generazionale che, inalterato nel corso dei secoli, ha garantito alla generazione successiva un tenore di vita migliore di quella precedente, è imploso.
La polarizzazione trionfante del trickle-down reaganiano ha prodotto mostri sociali di sorpendente magnitudo, di cui i sottoscritti sono, di diritto, i cantori.
Come si può pensare di raggiungere la "felicità" rinchiusi 14 ore al giorno in una algida cella frigorifera, avendo come compagni di sventura delle occhialute ed asettiche burocrazie?
Patetico è pensare che noi tutti siamo allevati in un tale mefitico brodo culturale da età sempre più tenera. Le nostre aule universitarie già pullulano di drogati di vanagloria, serpenti inmarcia verso la gloria di Piazzetta Cuccia.
Ammirato è chi più si rende infelice, e l'ambizione della scalata alla piramide è capace di travolgere qualsiasi residuo di buon senso. L'aplomb del contadino entrato in società si fa crisalide, protetta nella grottesca attenzione riposta alle più insignificanti cagate. E tremo nel vedere ventiquattrenni che sgomitano per poter mostrare a nonne ingioiellate, ignoranti e grasse le loro camicie-su-misura con le iniziali del proprio nome ricamate.
Il più silente deserto divide chi conta da chi non conta. Chi ha la chiave della felicità, da chi non può neanche lontanamente sperare di ottenerla. Non è conforme a natura cantare l'apologia del giusto medio. Mai come ora, ne riceveremmo, tuttavia, benefici dirompenti.
Madama Schiavitù ha ridotto in cenere le fondamenta che ritenevamo indistruttibili. Le ha sostituite con un canto sommesso e arrembante al contempo. Delle ipoteche che ci affrettiamo ad iscrivere sull'esistenza dei nostri figli, del fatto che non siamo più “come nani sulle spalle dei giganti”, le generazioni dei nostri padri e nostra saranno chiamate a rispondere.
(link suggerito dall'autore: http://www.mediapart.fr/club/edition/les-invites-de-mediapart/article/160910/monsieur-le-president-je-refuse-votre-diplome)
10 Ennio Morricone Fiesta (Valzer) by p.pereira
Rapisce i sogni e li trasforma in ambizioni... e se fosse perché non ci sono piu sogni "Altri" che non quelli dell'ambizione? Lo scenario unico, l'immaginario egemonico che uccide l'immaginazione per sognare altri sogni?
RispondiEliminaQuello che evochi é l'apologia del giusto medio, certo di fianco a Madama Schiavitù come l'hai brillantemente definita sembra quasi eroica ma non é rimasto cosi poco intorno alla scalata della piramide a cui tutti sembrano doversi confrontare. Bisogna essere forse ancora più ambiziosi pero par accorgersene.....
A.