28 feb 2011

- Fratelli (mediocri) d'Italia -


Formula della mediocrità: (Prob (Tt = St) = (1-Mt)k Definiamo un indice della distanza che separa il talento di un individuo (T) dal suo effettivo successo in ambito lavorativo e sociale (S). La differenza assoluta tra questi due termini rappresenta il grado di inefficienza nell’ allocazione del talento di un individuo. Traducendo queste considerazioni in termini probabilistici, in una società ideale la probabilità che T=S è pari a uno. Quanto più bassa è tale probabilità, tanto più inefficiente sarà la società. La variabile M rappresenta la proporzione di mediocri sul totale degli individui, k >1 è un parametro costante nel tempo, e il pedice t è un generico indice temporale.






















Penso che l’Italia stia affondando sempre più profondamente nella melma oleosa della mediocrità. 

Per carità io sono il primo a definirsi mediocre. Il mio equilibrato allenatore di basket era solito dirmi che ero un fottuto mediocre e con il passare del tempo mi sono affezionato a tale generosa definizione. 


Andò più o meno così:
- Coach: Che cazzo fai coglione?  (bestemmia) 
Se porti un blocco in post basso poi dove devi andare (bestemmia)?

- Io nelle vesti di playmaker scarso: Ma io pensavo… 

- Coach: Ecco appunto .. il tuo problema è che tu pensi. 
Tu non devi pensare (bestemmia). Sei un fottuto mediocre perché pensi. 

(Amen)


Andando oltre questo memorabile flash back, vorrei sottolineare, con un discorso dozzinale e qualunquista, che effettivamente questo Paese trasuda mediocrità. 
Il punto è che mediocrità vuole mediocrità (tipo amore vuole amore di Zarrillo) e porta a mediocrità, in una spirale continua verso un triste declino collettivo. I meccanismi meritocratici sono marci e inefficienti anche perché controllati e gestiti da mediocri. Essi sono consci dei loro limiti per cui divident et imperant come gli antichi romani.

Prendiamo ad esempio il sistema scolastico. 

Il sistema scolastico si sta adeguando lentamente al livello di mediocrità italiana. E’ assurdo e quasi paradossale costatare che è la scuola a doversi adeguare agli studenti e non viceversa. Opportunismo e buonismo aleggiano nei corridoi scolastici: da un lato la consapevolezza che più studenti iscritti significano più finanziamenti pubblici, dall’altro l’umanità e la transigenza dei docenti che sospirano ad alta voce “ma sì tanto è solo un ragazzo”...
E così la scuola, che dovrebbe sfornare l’Eccellenza, tende ad accontentarsi, prendendosi carico di tutto il ciarpame giovanile presente sul mercato e andando inevitabilmente e ingiustamente a rallentare gli elementi più meritevoli.

Ovviamente non è sempre così. Ci sono casi in cui “la docente esige e il preside non transige”. In questi casi comunque non c’è da preoccuparsi! Se infatti il vostro ragazzo rischia di essere bocciato la colpa sarà sicuramente dei docenti che non saranno stati in grado di capire le abilità nascoste di vostro figlio. Quindi cosa aspettate? Cambiate subito istituto ed iscrivetelo ad una bella scuola privata dove sapranno valorizzarne le capacità e le skill$$$.

Sono il primo ad ammettere che è ineccepibile che vi sia il diritto allo studio. Ma non ha senso andare al liceo se poi non si è in grado di affrontare una università. Non ha senso iscriversi a Giurisprudenza o a Scienze Sociali se il mercato del lavoro è saturo di tale figure professionali o se non esiste neanche uno sbocco professionale. Dovrebbe esistere il diritto di negare il diritto allo studio, per il bene della collettività. Un po’ come le leggi di Asimov sulla robotica: la  legge 0 stabilisce che il benessere della collettività vale più del benessere individuale. Il che significherebbe che tu, maledetto studente brufoloso, ci dovresti fare il favore di andarti a studiare cose che la tua mente è in grado di assimilare e di iscriverti ad una facoltà che ti renda uno strumento utile a questo Paese e non uno dei 2 milioni di giovani disoccupati italiani.

L’Italia ha troppi idioti e fin troppi idioti in posizioni che necessitano tutto fuorché menti mediocre.

La televisione è la carta tornasole della mediocrità collettiva. Le aziende producono prodotti che i consumatori comprano  e utilizzano, perché li desiderano. Allo stesso modo i produttori televisivi producono quello che l’audience vuole vedere. Se l’audience vuole tette, culi, cosce, bestemmie, clown, stupidità, liti, parolacce, oscenità, ignoranza becera e altra immondizia, il piccolo produttore televisivo farà di tutto per soddisfare il suo pubblico con format televisivi che garantiscano tali (sub)standard qualitativi. I reality shows e tutta la trash tv non nascono dalla mente malata di qualche folle (cioè anche..), ma dall’analisi dei nostri bisogni insoddisfatti. In economia si chiama “vuoto di mercato”.

E’ terribile ammetterlo ma è così...

Ciò significa che tutta la merda che ci viene sbattuta sul divano via cavo è quello che effettivamente vogliamo. E non perché siamo coprofaghi, ma, peggio, perché siamo (e rimarremo) fottuti mediocri. 
kriticadellaragione.blogspot.com
(Pippo)


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