3 feb 2011

- Dovere allo studio -




Sento spesso parlare in questo periodo di diritto allo studio: manifestazioni, dibattiti, polemiche su un argomento che non deve neppure essere messo in discussione, perché è stata una conquista dura che ha dato frutti indiscutibilmente positivi, permettendo a una grande quantità di studenti di studiare e di fare notare le proprie capacità.
C’è però un risvolto che molto spesso viene tralasciato: il dovere allo studio, il dovere di studiare, di considerare l’importanza del fatto culturale ed educativo.
Si entra ovviamente in polemica, ma credo che a questo punto sia necessario.


Sono insegnante da 30 anni circa, di generazioni ne ho viste, ma la differenza che noto più di ogni altra è l’incuranza del fatto che lo studio è per un certo numero di anni un lavoro, il lavoro degli studenti e un lavoro che permetterà loro di migliorare e di elevarsi.
Non è retorica. 
Non è solo la questione di svogliatezza o la solita manfrina sul fatto che si allevano bambinoni, voglio sottolineare quanto sia invece un problema di educazione sociale e, in primis, delle famiglie.


Passo ad esempi pratici. “Domani compio 18 anni, non mi faccio interrogare, anzi li festeggio e non vengo a scuola.” Bene.  Quando ne compirà trenta si metterò in mutua sul lavoro? I 18 anni sono una volta sola, anche i 30 e sono entrambi momenti particolari. 
Non puoi festeggiarli al sabato o alla domenica?
No, anzi: “Prof., faccio i coscritti (nei paesi si usa), quindi non vengo a scuola per 4 giorni ….sa le ciucche, gli amici
La risposta quale deve essere: “Ma certo, capisco” se no ti arrivano schiere di genitori che protestano in quanto manchi di comprensione ed elasticità: “Possibile che si debbano fare i compiti in classe in quei giorni?


Non credo che 20 ragazzi compiano i 18 anni tutti nella stessa settimana, forse potrebbero quindi radunarsi nella vacanze di Natale o in quelle estive.
Non basta. 
La prima richiesta dei genitori per la scuola: il sabato è libero? Sa, il week end. Ma non siamo in un periodo di grave crisi economica? E anche, non bastano i morti del sabato sera per le discoteche, il far tardi, bisogna già iniziare al venerdì sera? Se il sabato è libero, perché non iniziare già a divertirsi il giorno prima? Ricordo che negli altri paesi (anche nella nostra semi parente Spagna, in Francia, in Germania etc.) i ragazzi devono aver compiuto i 18 anni per frequentare certi locali e per poter acquistare gli alcolici.
La patente: le guide sono al mattino, gli esami sono al mattino. Ma le scuole guide non sanno che i ragazzi di 18 anni vengono a scuola, anzi magari devono pure sostenere un esame di stato….
E così via. 
Il dentista, il vaccino, l’apparecchio, le vacanze anticipate perché visto che ci sono 16 giorni di vacanza a Natale perché non farne 20? E i miei genitori fanno le vacanze a ottobre, c’è un bel viaggio….perdo solo una settimana.

Non è un problema della giornata persa, di compito rimandato…è una questione di mentalità che si crea. La mentalità che tanto non importa. Si recupererà. La sottovalutazione di un elemento importante. 
Non escludo che sia anche colpa nostra, degli insegnanti. La mancanza di fiducia ce la siamo guadagnata con la lagna continua di quanto noi lavoriamo, di quanto siamo stanchi. La nostra tendenza a non prendere più decisioni serie per timore di diventare impopolari, di non imporre regole per essere amici degli studenti. Escamotage questo che ci permette di lavorare di meno.


I ragazzi , è vero, non sanno più l’italiano: ce ne accorgiamo ogni giorno. Parlano come I Cesaroni, mettono “a” davanti ai complementi oggetto e confondono i tempi verbali (futuro e passato remoto). La maggioranza fa questi errori. 
"Ma intanto l’italiano lo parlo, i concetti ci sono, cosa importa scrivere correttamente se farò il medico, l’ingegnere…" e come possiamo pensare di insegnare altre lingue se abbiamo problemi con la nostra? Ho parlato con delle insegnanti inglesi che stanno facendo un libro: lo scrivono apposta per gli italiani perché si sono accorte che devono riprendere la grammatica. Sottolineo, insegnanti inglesi. 

Non dico che i genitori non debbano intervenire nelle situazioni scolastiche. Anch’io sono pentitissima di non essere intervenuta nella classe di mia figlia dove per due anni di medie ha visto film di guerra perché l’insegnante voleva scrivere un testo sui partigiani. Testo che ha pubblicato, pieno di foto di tombe.  Ma sono dispiaciuta per non avere detto di farli studiare di più, di insegnare, di fare il lavoro per cui era – e purtroppo è – pagata. E ho mandato mia figlia a lezione per due anni, facendomi odiare perché “nessuno studia queste cose nella mia classe”. Quando poi sono andata da un preside a dire che era una vergogna che su trenta ragazzi se ne presentassero 10 a interrogazioni e compiti in un liceo, l’insegnante mi ha detto che era stata una scelta del Consiglio di Classe perché si trattava “di una classe difficile da gestire”.  
A conclusione di questo che, mi rendo conto, è uno sfogo personale, devo dire che i ragazzi le regole le chiedono, che quando tornano al liceo mentre sono all’università mi dicono che si pentono di non avere studiato meglio letteratura o latino perché il liceo era l’ultimo posto dove avrebbero potuto costruire quella cultura fatta di materie inutili per la vita, ma importanti per la propria formazione personale. 
E’ vero: la scuola talvolta è distante dal  mondo del lavoro. 
Ma si può rimediare. 

Si possono fornire corsi di lingua “comunicativa”, di informatica, di cenni di economia tanto per fare capire come funziona il mercato. Fuori orario: una volta la settimana, ogni 15 giorni; dedicare due mesi, non un anno scolastico intero. Conosco persone ad alto profilo professionale – nel nostro Liceo sono venute persone quali direttori di testate di giornali economici, psichiatri perché abbiamo anche la formazione degli educatori, esperti di marketing e pubblicità, comunicatori inglese di livello internazionale, insegnanti universitari  - disponibili a insegnare queste materie anche gratuitamente ( e non lo trovo neppure corretto) pur di comunicare ciò che loro hanno acquisito.
Ma ……..“Prof …c’è il torneo di calcetto…
kriticadellaragione.blogspot.com
(Prof. inglese C. Aira)

1 commento:

  1. si baratta il ruolo di genitore con continue concessioni e giustificazioni, spesso è un modo per mettere a tacere il rimorso di non sentirsi adeguati nel ruolo genitoriale,troppe le paure e le incertezze , molto più facile dire si che continuare un lavoro di mediazione che porti i figli a capire che la vita è sacrificio,con cui bisogna confrontarsi già da piccoli.

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